GDPR, sansioni e responsabilità

GDPR, quasi la totalità dei nostri clienti, informati sugli obblighi dei nuovi adempimenti in materia di sicurezza dei dati personali, ci chiede?, e se non mi adeguo?.

Agenda Digitale, nella figura di Fabio Di Resta, risponde per noi, con uno splendito articolo che riportiamo per comodità di seguito, ma prima oltre che ringraziare il Dr. Di Resta, continuerei ad elencare i suoi titoli e le sue competenze: DPO in ambito Ospedaliero e sanitario, avvocato, LL.M., presidente del EPCE, titolare dello studio Di Resta Lawyers, docente al Corso di Alta Formazione in Antiriciclaggio, Univ. Sapienza di Roma.


https://dm2ue6l6q7ly2.cloudfront.net/wp-content/uploads/sites/3/2017/04/15170211/privacy_125855486.jpgChiariamo nel dettaglio quale sarà il quadro di responsabilità e sanzionatorio dopo l’applicazione del GDPR, ossia dopo il 25 maggio 2018. Ci sono diverse fattispecie e si va da un mera diffida amministrativa a sanzioni fino a 20 milioni di euro.

Come è noto l’attuale quadro normativo in materia di protezione dei dati personali è stato riformato dal nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (Reg. UE 2016/679 anche indicato con l’acronimo GDPR).

Tale regolamento in realtà è il più importante tassello di una riforma europea complessiva della materia che riguarda altre direttive europee e trattati internazionali (per esempio, la direttiva UE 2016/680, la revisione del Reg. UE 2001/45 e della Convenzione internazionale del 28 gennaio 1981, n. 108).

Da non dimenticare che l’attuazione del GDPR ha già comportato la recente approvazione di due leggi come la legge 163/2017 (legge di delega al Governo, entrata in vigore il 21 novembre 2017) e la legge 167/2017 (in vigore dal 12 dicembre 2017) che contiene tra le altre disposizioni anche l’aggiornamento della disciplina relativa all’art. 29 del Codice della Privacy con specificazione degli elementi essenziali della nomina del responsabile del trattamento dei dati personali.

In tale contesto, ci si chiede di continuo quale sarà il quadro di responsabilità e sanzionatorio dopo l’applicazione del GDPR, ossia dopo il 25 maggio 2018.

Le sanzioni GDPR

Appare appena il caso di ricordare come tra le sanzioni amministrative più ricorrenti nel corso degli ultimi anni in materia vi sono certamente le sanzioni relative alla mancanza di informazioni nei confronti degli utenti e interessati in genere, l’omessa o inidonea informativa comporta infatti una limitazione all’autodeterminazione informativa dell’interessato ed è prevista dall’art. 161 del Codice della Privacy.

Si tratta di un articolo che prevede una sanzione pecuniaria da tremila a diciottomila euro, nel caso che l’omessa o inidonea informativa si riferisca a dati personali identificativi, ma in alcuni casi è previsto anche un aggravio della pena da cinquemila a trentamila euro.

Inoltre, vi sono altre violazioni amministrative previste dal Codice della Privacy, oltre all’omessa o incompleta notificazione, un articolo che merita particolare attenzione per la sua importanza sul lato operativo e applicativo soprattutto relativamente alle attività di vigilanza da parte del Garante, della Guardia di Finanza e degli pubblici ufficiali che riscontrano le predette violazioni, è l’art. 162 del Codice.

L’articolo punisce varie fattispecie dalla cessione dei dati personali tra titolari autonomi del trattamento alla comunicazione dei dati sanitari all’interessato in violazione dell’art. 84 del Codice.

In tale contesto, di particolare rilevanza operativa appare il comma 2 bis dell’art. 162 del Codice, il quale punisce con una sanzione amministrativa chi omette le misure minime di sicurezza e chi commette un trattamento illecito dei dati personali.

Per quanto attiene alla fattispecie di violazione amministrativa relativa al trattamento illecito dei dati preme mettere in evidenza che l’art. 167 C.d.P. effettua una serie di rinvii ad altre disposizioni, può costituire infatti trattamento illecito dei dati l’omesso consenso informativo (p.e. consenso unico per una pluralità di finalità incompatibili, compreso il marketing e promozione di beni o servizi) oppure comunicazioni indesiderate in violazione dell’art. 130 C.d.P.

Chi risponde delle violazioni

A questo punto occorre considerare che spesso si ritiene che l’unica persona tenuta a rispondere della sanziona amministrativa sia sempre solo e soltanto il titolare del trattamento (da intendersi come l’entità nel suo complesso), al responsabile del trattamento non è pertanto mai attribuibile l’illecito amministrativo?

In tali casi l’Autorità deputata all’accertamento dovrà operare in base alla legge n. 689/1981 la quale prevede che la notificazione del verbale venga effettuata al contravventore e al responsabile in solido, in tal modo la stessa viene non di rado contestata per esempio al titolare del trattamento e al responsabile del trattamento, nella misura in cui sussista un formale atto di designazione e siano riscontrate anche inadempienze gravi imputabili a tale ruolo.

Inoltre, merita di essere portato all’attenzione del lettore che l’art. 3 della legge n. 689/1981 prevede che la violazione amministrativa sia applicata anche qualora ricorra solo la colpa dell’agente, questo ha risvolti particolarmente rilevanti sul piano operativo.

Il passaggio merita una breve riflessione, mentre l’art. 167 sul trattamento illecito è un reato a dolo specifico e richiede anche che ricorra il nocumento (danno patrimoniale apprezzabile), questi due elementi non sono necessari affinché ricorra la violazione amministrativa è pertanto sufficiente che non vi sia un consenso o che il consenso prestato non abbia i requisiti di legge perché venga applicata la violazione amministrativa.

Per esempio di recente con riguardo all’inidoneità dell’informativa relativa ad un impianto di videosorveglianza il Garante ha contestato tale violazione sia al titolare del trattamento (una società editrice) in qualità di responsabile in solido, sia alla persona fisica che era stata designata in qualità di responsabile del trattamento dei dati rispetto al trattamento dei dati personali relativi alle immagini registrate [1].

Il caso citato non rappresenta certo una rarità nel quadro degli accertamenti e mette certamente in evidenza come un inadempimento grave da parte del responsabile del trattamento possa comportare responsabilità non solo sul titolare.

A tale riguardo diversi articoli del regolamento europeo rafforzano gli obblighi generali e di sicurezza del trattamento in capo al responsabile del trattamento, dagli articoli 28 e 30 all’art. 33 sulla notificazione della violazione dei dati, infine, l’articolo 83, lettera d) dando rilevanza al grado di responsabilità tra titolare e responsabile rende esplicita l’attribuzione anche al responsabile dell’illecito amministrativo.

Le responsabilità del RPD o DPO

Sull’altro versante, altro quesito ricorrente nei vari consessi specialistici è quali sono le responsabilità del RPD o DPO rispetto a quelle del titolare e del responsabile del trattamento?

Tale scenario deve far riflettere anche sulle responsabilità della nuova figura del responsabile della protezione dei dati personali (c.d. RPD) ovvero Data Protection Officer (c.d. DPO).

Si tratta come è noto di una sorta di supervisore indipendente che dovrà supportare il titolare e il responsabile nel garantire che l’organizzazione sia conforme al GDPR, o meglio è una funzione organizzativa assimilabile per molti versi al ruolo dell’Organismo di Vigilanza in base al d.lgs. 231/2001 (legge sulla responsabilità amministrativa degli enti).

Sebbene in questa sede non sia possibile analizzare i requisiti soggettivi (conoscenza specialistica e capacità di assolvere compiti anche con riguardo al settore specifico) ed oggettivi della nomina del DPO, preme ricordare che lo stesso ha compiti molto complessi, ulteriori e molto diversi rispetto al responsabile della trattamento dei dati, che vanno dalla comunicazione e sensibilizzazione al monitoraggio e alla verifica di conformità e dell’adeguatezza delle analisi dei rischi e delle misure di sicurezza, non ultimo il DPO sarà anche il punto di contatto con l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

Sotto il profilo delle responsabilità da illecito amministrativo, il DPO non ha responsabilità dirette[2], tuttavia, permangono certamente responsabilità in via di rivalsa sul piano risarcitorio a favore del titolare e del responsabile che abbia subito un danno derivante da colpa grave o inadempienze gravi riferibili ai compiti previsti per il DPO.

Inoltre, il DPO come noto dovrà effettuare una supervisione complessa in ordine alla conformità al regolamento e dovrà anche garantire l’esercizio dei diritti dell’interessato con tempi prestabiliti.

Come accennato il DPO dovrà inoltre collaborare e fungere da contatto con l’Autorità garante mostrando il lavoro svolto in termini di documentazione (c.d. principio di accountability o di responsabilizzazione) delle misure di sicurezza adeguate ai rischi inerenti ai trattamenti de dati personali dell’organizzazione.

 Peraltro, non si devono trascurare i requisiti di indipendenza di tale figura, da una parte la non ingerenza da parte del titolare e dall’altra l’assenza di un conflitto di interessi.

Quest’ultimo aspetto dovrà essere valutato attentamente da parte del titolare e del responsabile del trattamento, evitando di designare persone che determinano le finalità e le modalità del trattamento e declinando tali criteri rispetto ai poteri e alle responsabilità del candidato DPO.

A questo riguardo il Gruppo Articolo 29 ha ritenuto che possa sussistere conflitto di interesse del DPO con i seguenti ruoli: l’amministratore delegato, il responsabile del personale, il responsabile del sistema informativo, il direttore sanitario, il direttore marketing.

Una scelta errata su questo aspetto critico potrà comportare l’applicazione di sanzioni molto elevate in capo al titolare e al responsabile del trattamento, è pertanto consigliabile avere un approccio proattivo al rischio, avviando sin da subito le dovute valutazioni per conformarsi al nuovo regolamento.

Le sanzioni in prospettiva europea

Infine, in riferimento al nuovo quadro sanzionatorio previsto dal regolamento europeo si ricorda che come previsto dall’art. 84 del regolamento europeo la materia penale rientra nella competenza di ciascuno Stato Membro, mentre le sanzioni amministrative pecuniarie sono armonizzate e devono osservare i criteri di effettività, proporzionalità e dissuasività.

L’art. 83 richiamando i tre criteri sopra menzionati specifica che le sanzioni devono essere applicate in funzione del singolo caso e tenendo conto della natura, della gravità e della durata della violazione, delle finalità del trattamento, del numero di interessati lesi e del livello del danno, oltre ad altri elementi come il carattere doloso o colposo della violazione, le misure adottate.

In termini molto generali, sebbene le sanzioni previste nel regolamento siano di importi molti elevati fino al 20 milioni di euro o il 4% del fattura mondiale annuale, il principio generale è che una violazione del regolamento dovrà comportare una imposizione di sanzioni equivalente in tutti gli Stati membri, a tale scopo le recenti linee guida pubblicare il 3 ottobre dal Gruppo articolo 29 analizzano i vari parametri in base ai quali determinare l’ammontare della sanzione che, in casi irrisori e che non hanno rischi significativi per gli interessati, potrà anche corrispondere una mera diffida amministrativa in alternativa alla sanzione pecuniaria (reprimand nella versione inglese), ma dall’altra parte, tenendo conto delle circostanze specifiche una violazione dei dati anziché comportare la pena fino a 10 mln di euro, sanzione relativa anche all’inosservanza della disciplina rivolta al Data Protection Officer, potrebbe anche comportare una sanzione pecuniaria superiore se dovessero ricorrere delle circostanze di maggiore gravità ed inosservanza delle prescrizioni dell’Autorità di controllo[3].

Consulting Privacy Team

Risultati immagini per privacyMBLI S.a.s. di Marchese Daniele Rosario ha dapoco un “CONSULTING PRIVACY TEAM”, e si presenta al mercato offrendo servizi globali in materia di privacy di alto livello, grazie all’elevata competenza professionale dei suoi membri.

 

 

MBLI S.a.s. di Marchese Daniele Rosario è capace di:

  • ampliare ed arricchire il background professionale di ciascun Cliente;
  • facilitare un confronto diretto sulle tematiche del momento;
  • approntare forme di gestione e di verifica attente e condivise, capaci di generare forme di controllo in grado di offrire un servizio di alta qualità;
  • condividere le esperienze imprenditoriali, legali ed informatiche specialistiche facenti parte del patrimonio professionale di ciascun membro;
  • collaborare con organizzazioni complesse ed articolate, alle quali offrire un servizio di consulenza privacy multidisciplinare che solo l’incontro di diverse professionalità può offrire;
  • sviluppare un rapporto di amicizia, rispetto e fiducia tra i suoi membri e con la Clientela;
  • consentire alla Clientela di scegliersi il miglior Privacy Consulting Group solo dopo aver giudicato le competenze professionali necessarie ed idonee alle proprie esigenze.

La divisione Consulting della MBLI S.a.s. dispone delle necessarie referenze per operare con vera professionalità, referenze che rispecchiano le pluriennali esperienze dei suoi costitutori e che sono certificate da Enti preposti.

Offriamo a supporto uno staff di prim’ordine negli ambiti dell’organizzazione aziendale, legale, informatica.

Lo Staff è già pronto e qualificato per assumere il ruolo di PRIVACY OFFICER o DATA PROTECTION OFFICER. Ruolo che peraltro sta già svolgendo in diverse strutture aziendali private.

1. COMPETENZE ED ESPERIENZE SPECIFICHE

La divisione Consulting Privacy ha competenze ed esperienze dirette e specializzate nei seguenti settori.

IMPRESA

  • Aziende individuali (commerciali, artigiane, consulenziali, etc.);
  • Agenzie viaggi;
  • Impiantistica (specializzata e non);
  • Settore Produzione di mezzi agricoli e movimento terra;
  • Settore Edile (produzione e progettazione);
  • Settore Metalmeccanico (produzione e progettazione);
  • Settore Produzione di mezzi agricoli e movimento terra;
  • Settore della grande distribuzione;

SERVIZI

  • Associazioni di categoria;
  • Associazioni ed enti assistenziali e di volontariato;
  • Associazioni ed Enti sportivi;
  • Studi commercialistici;
  • Studi di consulenza fiscale ed amministrativa;
  • Studi di consulenza del lavoro;
  • Software house ed aziende informatiche;
  • Web agency;
  • Studi di marketing;
  • Studi pubblicitari;
  • Agenzie assicurative;
  • Studi Tecnico Professionali;
  • Teatri ed agenzie di spettacolo;

SANITA’

  • Distribuzione di farmaci
  • Studi di medici di famiglia
  • Studi dentistici
  • Studi oculistici
  • Studi ginecologici

ENTI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

  • Enti pubblici e Comuni
  • Associazioni culturali

ISTRUZIONE

  • Istruzione Privata (di ogni ordine e grado)
  • Pubblica Istruzione (Istituti Comprensivi e Scuole Superiori)

SETTORI SPECIALI

  • Call Center e Telemarketing
  • Videosorveglianza
  • Geosatellizzazione
  • Droni e apparecchiature speciali
  • Specializzazione particolare in gruppi d’aziende e internazionalizzazione d’impresa (Paesi in white/black list Privacy)
  • Fotografi

2. NOTA INFORMATIVA

Benché con il Decreto 5/2012 sia stata abolita la redazione del DPS (Documento Programmatico per la Sicurezza), unico documento riepilogativo di tutti gli adempimenti obbligatori posti in capo ai soggetti che trattano dati personali di terzi, sono ancora in vigore molteplici obblighi e sanzioni che di seguito, a titolo riepilogativo e non esaustivo, riportiamo:
Riepilogo dei principali obblighi:

  • L’obbligo di aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici (art.34 del Codice, lettera D e art.35 lett. A)
  • L’obbligo di individuare i soggetti coinvolti nel trattamento (incaricati, responsabili, amministratori di sistema etc. artt. 29 e 30 del codice e punto 15 dell'allegato B)
  • L’obbligo d’individure, incaricare e valutare periodicamente quelle figure che si occumano del nostro Sistema Informatico (Provvedimento del Garante del 27 novembre 2008)
  • L’obbligo di redigere un’analisi dei rischi (art. 31 del codice) ed istruire gli incaricati su di essi;
  • L’obbligo di istruire gli incaricati sulle procedure di autenticazione informatica e di gestione delle credenziali di autenticazione (allegato B dal punto 1 al punto 11)
  • L’obbligo di istruire gli incaricati sul sistema di autorizzazione (allegato B dal punto 12 al punto 14)
  • L’obbligo di proteggere gli strumenti elettronici ed i dati rispetto a trattamenti illeciti, accessi non consentiti, programmi maligni e conseguente istruzione del personale. (allegato B punti 16 e 17)
  • L’obbligo di procedure di ripristino di dati personali in tempi brevi (allegato B punto 18)
  • L’obbligo di stabilire delle misure minime di sicurezza in caso di trattamento di dati sensibili su supporti rimovibili (allegato B dal punto 21 al 23)
  • L’obbligo di impartire istruzioni agli incaricati anche per i trattamenti su supporto cartaceo (allegato B punto 27)
  • L’obbligo di stabilire delle procedure di custodia durante il trattamento (allegato B punto 28)
  • L’obbligo di stabilire delle procedure per l’accesso identificato e restrittivo agli atti (allegato B punto 29)
  • L’obbligo d’informare tutti i soggetti interessati sulle modalità di trattamento dei dati personali (soprattutto se riferiti a persone fisiche e/o dati sensibili o giudiziari), come previsto dall’art. 13 del Codice.

Obbligo d’adeguamento delle procedure aziendali ai pronuciamenti del Garante in materia di tutela dei lavoratori, L. 300/70 (Statuto dei lavoratori), Videosorveglianza, Posta Elettronica,
Navigazione Internet, Immagini e Video, News e Newsletter, Siti web, etc. E normative specifiche ad essi connesse.
Naturalmente il quadro degli obblighi non è disgiunto da quello sanzionatorio. Oltre alle ispezioni specifiche, oggi operate non solo dalla Guardia di Finanza ma anche da Polizia di Stato,
Carabinieri, Vigili Urbani, etc., le sanzioni amministrative sono esemplificabili come segue:
Quadro delle sanzioni in vigore al 2015:

• Art. 161: Omessa o inidonea informativa all’interessato ex art. 13 DLgs 196/03 - Da 6.000 a 36.000 euro
• Art. 162 c.1: Cessione di dati o conservazione oltre il limite di trattamento - Da 10.000 a 60.000 euro
• Art. 162 c.2 -ter: Inosservanza delle prescrizioni del Garante - Da 30.000 a 180.000 euro
• Art. 163: Omessa o incompleta notificazione - Da 20.000 a 120.000 euro
• Art. 164: Omessa informazione o esibizione al Garante - Da 10.000 a 60.000 euro
• Art. 167 c.1: Trattamento di dati personali senza consenso - Reclusione da 6 a 18 mesi
• Art. 167 c.1: Obbligo di predisposizione di istruzioni agli incaricati - Reclusione da 6 a 24 mesi
• Art. 167 c.2: Obbligo di separazione dei dati sensibili - Reclusione da 24 a 36 mesi
• Art. 169: Omissione delle Misure Minime di sicurezza - Arresto fino a due anni

3. LA NOSTRA ATTIVITA’:

L’attività prevede:

Una sessione o più sessioni di auditing interno, preliminari a qualsiasi attività, al fine di raccogliere informazioni sullo stato legale ed organizzativo dell’Azienda o dello Studio rispetto al Dlgs 196/03. In queste sessioni si procederà all’analisi dettagliata della documentazione esistente ed una ricostruzione di massima dei flussi di dati.

Le sessioni termineranno con una prima, breve, relazione sullo stato dell’applicazione della normativa in azienda e le aree di miglioramento/intervento, secondo l’ottica richiesta specificatamente alla nostra struttura.
Una sessione o più sessioni per la raccolta di tutti i dati necessari ed una analisi, insieme ad un Vostro incaricato, dei profili legislativi, dei soggetti coinvolti, delle banche dati, dei rischi connessi e del sistema informatico. Il disegno di dettaglio dei flussi di dati personali, cartacei/informatici, in essere all’interno della struttura, da/verso i Clienti e i soggetti coinvolti nell’attività sanitaria.
Stampa dei documenti e consegna degli stessi presso la Vostra sede, con contestuale istruzione della persona Responsabile nell’impiego degli stessi.
Assistenza all’implementazione organizzativa dei documenti predisposti e formazione del Vostro Personale;
Pianificazione di una verifica interna a distanza di alcuni mesi dalla consegna del documento mirante alla valutazione dello stato dell’implementazione di quanto predisposto all’interno dell’organizzazione.

DETTAGLIO ESEMPLIFICATIVO DELLE ATTIVITA’ DOCUMENTALI:

1 – Redazione del Documento Riepilogativo del Sistema Privacy (DRSP) articolato, generalmente, nei seguenti punti:

  • Analisi ed individuazione dei trattamenti operati, descrizione sintetica, natura dei dati, struttura di riferimento ed eventuali altre strutture esterne che hanno accesso ai dati;
  • Elenco dei trattamenti con descrizione degli strumenti informatici utilizzati, individuazione delle banche dati, descrizione del supporto su cui risiedono, individuazione della tipologia dei dispositivi di accesso e tipologia di interconnessione;
  • Analisi delle strutture preposte al trattamento dei dati, individuazione delle stesse e del responsabile, elencazione dei trattamenti operati per ogni struttura e descrizione sintetica dei compiti della struttura;
  • Analisi rischi legati al comportamento del personale, con definizione del livello di gravità stimata (rischi principali presi in considerazione: Furto di credenziali, Carenza di consapevolezza, Comportamenti sleali, Errori materiali, etc);
  • Analisi rischi legati agli strumenti, con definizione del livello di gravità stimata (Azione Virus o codici malefici, Spamming o altre tecniche di sabotaggio, Malfunzionamento o degrado degli strumenti, Accessi non autorizzati, Intrusioni informatiche, Intercettazioni dati trasmessi viarete, etc);
  • Analisi rischi dovuti ad eventi legati al contesto, con definizione del livello di gravità stimata (Accessi non autorizzati ai locali, Furto di strumenti, Eventi distruttivi dolosi o accidentali, Guasto a sistemi complementari, errori umani nella gestione della sicurezza);
  • Elenco delle misure di sicurezza adottate o da adottare, descrizione con definizione dei trattamenti dati interessati ed indicazione delle misure di sicurezza già adottate o da adottare (i principali: formazione dipendenti, antivirus, controlli su pc, controlli locali e strutture, firewall, protezione e-mail e rubriche telefoniche, impianti e verifiche installazioni, cambio password, controlli sul server centrale, analisi sistemi raid, analisi sistemi ups, protezione trasmissioni dati tra varie sedi);
  • Analisi su criteri e sulle modalità di salvataggio e di ripristino dei dati, indicazione per ogni banca dati degli strumenti usati, della procedura utilizzata, della frequenza del backup, della ubicazione di conservazione delle copie, degli incaricati al backup e delle procedure di ripristino nonché quelle di test;
  • Analisi soggetti esterni che effettuano trattamenti dati, individuazione della attività esternalizzata, del tipo di dati interessati, del soggetto e descrizione dei criteri adottati perl’adozione delle misure di legge;

Inventario Hardware e Software, con individuazione degli strumenti informatici utilizzati, dei principali software e database, in rapporto a quanto previsto dal Dlgs 196/03

  • Individuazione degli Amministratori di Sistema interni e/o esterni;
  • Individuazione del Titolare dei dati, e dell’eventuale Responsabile se da nominare;
  • Descrizione della struttura aziendale con riferimento ai trattamenti dati;
  • Amministratori di Sistema: documentazione e misure tecniche;

2 – Documento riservato contenente indicazioni in merito a:

  • Individuazione delle misure minime di sicurezza da adottare per la protezione dei dati nel caso quelle adottate siano insufficienti (supporto informatico e cartaceo);
  • Individuazione e proposta degli adeguamenti hardware e software necessari per la corretta protezione delle banche dati ed il coretto espletamento dei trattamenti operati in azienda;
  • Individuazione delle adeguate procedure di backup dei dati ed indicazioni sulle metodiche relative alla conservazione in sicurezza delle copie;
  • Analisi ed individuazione delle corrette procedure di autenticazione e di screen saver;
  • Definizione della misura di registrazione e conservazione file di log;

3 – La consulenza si completa con la produzione delle seguenti aree documentali aziendali personalizzate:

  • Nomina del responsabile trattamento dati;
  • Informativa per dipendenti e collaboratori;
  • Lettere di incarico per dipendenti e collaboratori;
  • Nomina custode parole chiave;
  • Nomina degli Amministratori di Sistema, interni ed esterni;
  • Nomina Responsabili di Trattamento in Outsourcing;
  • Informativa per clienti/fornitori;
  • Informativa ridotta pubblicabile in calce alla fattura;
  • Richiesta attestazione a società terze;
  • Amministratori di Sistema;

4 – Codici di accesso all'applicativo WEB che permette l'accesso a tutti i files relativi alla modulistica come da elenco di seguito (l’elenco non è esaustivo di tutta la documentazione consegnata):

  • Nomina del responsabile del trattamento;
  • Nomina incaricati al trattamento dati;
  • Informativa per trattamento di dati;
  • Informativa ridotta;
  • Informativa da far sottoscrivere a ciascun dipendente o collaboratore;
  • Identificazione dei soggetti che possono essere ammessi agli archivi dopo l’orario di chiusura;
  • Nomina dell’incaricato della manutenzione del sistema;
  • Nomina del custode delle parole chiave;
  • Cartello videosorveglianza;
  • Fac simile di Copertina e-mail;
  • Fac simile di Copertina Fax;
  • Altra documentazione aziendale personalizzata;
  • Testo integrale della legge 196/03;

5. DAL 2015: IL NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO PER LA PRIVACY

Le norme attualmente in vigore in materia di privacy (95/46/EC) risalgono al 1995 e sono state recepite dal legislatore italiano nel 1996 (L.675/96) e successivamente modificate nel 2003 (D.Lgs. 196/03).
In questo periodo la Commissione Europea solleverà, dopo 2 anni di lavoro, il velo sulle nuove regole di tutela dei dati personali, affidate a un regolamento e a una direttiva. Il regolamento che andrà a sostituire la direttiva del 1995 non dovrà essere recepito dai singoli stati membri, ma sarà pienamente operativo dal momento in cui verrà approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio. La direttiva sulla protezione dei dati personali avrà per oggetto le finalità di prevenzione e investigazione in caso di reati penali. Sull'apparato sanzionatorio interverrnno successivamente i singoli Paesi.

Si tratta, dunque, più di una semplice revisione alla normativa in vigore: oltre alla revisione delle norme attuali alla luce dell'esperienza maturata nell'ultimo quindicennio, si è tenuto conto delle indicazioni del trattato di Lisbona, che ha allargato il diritto alla privacy dal primo pilastro, che riguarda la libertà di circolazione delle persone, al secondo e soprattutto al terzo pilastro, relativi rispettivamente alla politica estera e alla sicurezza pubblica.

La bozza del regolamento punta anche a stabilire un quadro legislativo comune per il mercato unico europeo, limitando le difficoltà a cui un'impresa, che opera a livello transnazionale, deve fare fronte: normative differenti e disparate decisioni prese dalle authority nazionali. Ciò non esclude, tuttavia che le autorità o i legislatori nazionali possano prendere decisioni valide per i singoli stati membri.

Cosa prevederà il nuovo Regolamento:

  • Per ogni questione legata alla protezione della privacy, le imprese e i cittadini dovranno interfacciarsi con un unico punto di contatto, il "one-­-stop-­-shop". Per implementare questo sistema ed esercitare il nuovo ruolo, le autorità nazionali saranno dotate di poteri e risorse;
    inoltre sarà rafforzato il coordinamento tra le authorities nazionali per verificare il rispetto della legge.
  • Le nuove norme interesseranno tutti quei soggetti che sono chiamati a trattare i dati su clienti e personale interno e a mantenere un database.
  • All’art. 5 lett. f) viene sancito il principio dell’accountability dei titolari del trattamento (poi meglio specificato nell’art. 22) in virtù del quale spetta agli stessi un obbligo generalizzato e preventivo di garantire e dimostrare la propria conformità al Regolamento in relazione ad ogni singolo trattamento operato (si tratta di una sorta di clausola generale volta a responsabilizzare i controller sin dalle fasi embrionali dei processi informativi).
  • Imprese ed enti pubblici dovranno introdurre la figura del data protection officer (o privacy officer = Responsabile del Trattamento dei dati personali aziendali) a cui affidare le policy in materia di protezione dei dati: in campo pubblico la nuova struttura sarà sempre obbligatoria, mentre le aziende private se ne dovranno dotare nel caso trattino un certo numero di contatti.
  • Sarà richiesto alle aziende di ottenere "specifici e espliciti" forme di consenso dagli utenti nelle operazioni di archivio dei dati. L’art. 6 lett. a) introduce uno degli istituti fondanti la presente disciplina, ovvero il diritto dell’utente di esprimere in maniera preventiva il consenso al trattamento delle proprie informazioni, principio necessario ed inderogabile al fine di limitare e contenere il più possibile fenomeni di massa quali il direct profiling e il tracking cookies (si renderà necessaria, presumibilmente, l’adozione di idonei filtri pop-up volti a saggiare la previa approvazione del soggetto interessato). Il Titolare, inoltre, sarà gravato dall’onere di fornire la prova del consenso di quello specifico trattamento autorizzato (art. 7, comma 1), il quale tra l’altro potrà sempre essere revocato dal soggetto cui i dati si riferiscono. Si codifica, in tal senso, il principio dell’inversione dell’onere probatorio circa la liceità del trattamento (mutuando l’attuale impostazione derivante dal combinato disposto degli art. 2050 c.c e 15 D.Lgs. 196/2003). Alla regola del consenso si affianca, poi, quella sulla trasparenza dell’informazione da fornire all’interessato (art. 11), la quale dovrà contraddistinguersi anche per facilità di consultazione e intellegibilità di forma (l’onere dell’informativa all’interessato, invece, è codificato nell’art. 14, il quale sostanzialmente riproduce il nostro ormai conosciutissimo art. 13 D.Lgs. 196/2003).
  • Sarà previsto un obbligo di adottare misure tecnologiche (privacy by design) che riducano di default il trattamento dei dati personali al minimo necessario anche riguardo al periodo massimo di conservazione e ai soggetti che possono avere accesso ai dati. Questò avrà un forte Impatto nello sviluppo di software destinati al trattamento dei dati (CRM, ERP, gestionali ecc.) e sul rinnovamento di tutto il parco informatico delle imprese e studi professionali.
  • Sarà sancito l’obbligo di conservare documenti contenenti una serie di informazioni volte a descrivere le operazioni di trattamento di dati personali gestite tanto dal titolare quanto dati responsabili del trattamento (qualcosa di simile all'attuale DRSP, ma di portata ancora più ampia).
  • Per le imprese sarà più facile trasferire i dati all'estero facendo leva sulle proprie regole interne.
  • Diventerà obbligatorio notificare eventuali perdite di informazioni (cosiddette serious breaches).
  • Sarà posta particolare attenzione al trattamento dei dati personali che circolano sul web:
    • diritto all'oblio, cioè la possibilità di non trattenere vita natural durante le informazioni nella memoria della rete, ma di poterle cancellare, soprattutto quando diventate obsolete;
    • l'uso dei cookies (i "biscottini" che molti siti utilizzano per capire le preferenze dei loro utenti);
    • l'ingresso e l'uscita dai social network con la codificazione della portabilità del profilo ("data portability") da parte di chi si sposta;
    • la definitiva affermazione che l'indirizzo IP è un dato personale;
  • Infine prevederà l’eliminazione dell’obbligo per il Titolare di notificare i propri trattamenti all’Autorità Garante (sarà sufficiente , infatti, la conservazione della documentazione comprovante le modalità del singolo trattamento).

Ulteriore misura è la predisposizione di un regolamento di protezione dei dati al fine di costituire un sistema completo per la gestione della sicurezza nella tecnologia dell’informazione secondo quanto previsto dagli standard ISO/IEC 27001. La norma è coerente con il sistema di gestione della qualità ISO 9001 e grazie al sistema è possibile ridurre al minimo i rischi di distruzione o perdita anche accidentale dei dati stessi di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito. Si intende così proteggere l’organizzazione dalla commissione dei reati presupposto per la responsabilità amministrativa quali delitti informatici e trattamento illecito di dati ai sensi dell’articolo 24 bis del s. 231/2001.

Segnalazione privacy

Segnalazione Privacy, un argomento veramnte interessante, la MBLI S.a.s., con il presente, si avvale di un articolo scritto in modo chiaro ed esaustivo dal sito http://www.dirittodell'informatica.it.

Lo riportiamo sotto per comodità.

Risultati immagini per segnalazione privacySegnalazione, reclami e ricorsi al Garante privacy: come fare

Segnalazione, reclamo e ricorso: sono, questi, i principali strumenti a nostra disposizione quando riteniamo di aver subito violazioni della nostra privacy, ad esempio ricevendo telefonate ed email indesiderate (in assenza di nostro consenso o, addirittura, contro la nostra esplicita volontà). In questo articolo vedremo cosa fare, concretamente, quando riteniamo che i nostri diritti siano stati violati e, anziché intraprendere un’azione giudiziaria, pensiamo di rivolgerci al Garante della privacy (tenendo comunque presente che la normativa vigente è corposa e complessa) inviando una segnalazione o un reclamo, oppure proponendo ricorso.

1. Le definizioni del Codice della privacy: interessato, titolare, responsabile, trattamento, dato personale, dati identificativi, dati sensibili

L’art. 4 del Codice della privacy (d.lgs. 196/2003, Codice in materia di protezione dei dati personali) reca le definizioni utilizzate nel presente articolo. Fra esse, sono di particolare rilevanza ai nostri fini le seguenti:

–        Interessato: “la persona fisica, la persona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali”: art. 4, comma 1, lett. i);

–        Titolare: “la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza” (art. 4, comma 1, lett. f);

–        Responsabile: “la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali”.

Appare opportuno ricordare anche altre tre definizioni di cui al citato art. 4:

–        Trattamento, qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati (art. 4, comma 1, lett.a);

–        Dato personale, qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale (art. 4, comma 1, lett.a);

–        Dati identificativi, i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato (art. 4, comma 1, lett.a);

–        Dati sensibili i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (art. 4, comma 1, lett.a).

 

2. Quali sono i propri diritti?

Il c.d. Codice della privacy (d.lgs. 196/2003, Codice in materia di protezione dei dati personali) riconosce diversi diritti all’interessato, il quale può, ad esempio, chiedere di:

–        conoscere gli estremi identificativi del titolare e del responsabile (se designato);

–        accedere ai dati personali che lo riguardano;

–        conoscere finalità e modalità del trattamento di dati personali.

Inoltre, ha diritto di:

–        ottenere l’aggiornamento, la rettificazione o l’integrazione dei dati personali che lo riguardano;

–        ottenerne la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco, se trattati in violazione di legge;

–        ricevere attestazione che le operazioni appena citate (aggiornamento, cancellazione, ecc.) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.

L’interessato, ha altresì diritto di opporsi al trattamento:

–        se sussistono motivi legittimi;

–        se viene effettuato a fini promozionali, pubblicitari o commerciali.

 

3. Prima di rivolgersi al Garante e segnalare l'irregolarità: l’istanza al titolare o al responsabile del trattamento

I diritti di cui sopra possono essere esercitati senza formalità, mediante richiesta rivolta al titolare o al responsabile (se designato) anche mediante un incaricato del trattamento (c.d. interpello preventivo). L’interessato deve ricevere riscontro senza ritardo (fatte salve alcune eccezioni previste dall’art. 8 del Codice, cui si rinvia), e comunque entro 15 giorni dal ricevimento. Tale termine può essere esteso sino a 30 giorni (dandone comunque comunicazione all’interessato entro 15 giorni dal ricevimento)

Il Garante della privacy ha predisposto un modello (scaricabile direttamente dal suo sito in formato pdf) da scaricare e compilare, in modo da facilitare l’esercizio dei diritti dell’interessato.

In mancanza di riscontro o qualora il riscontro non sia soddisfacente, l’interessato può esperire un’azione giudiziaria oppure rivolgersi al Garante della privacy: oggi ci occupiamo del secondo caso, tenendo presente che il Garante non può disporre il risarcimento del danno in favore della parte vittoriosa e che vige il principio per cui, una volta che si è agito dinanzi al Garante, non è più possibile rivolgere al Tribunale per la medesima fattispecie.

4. Il reclamo e la segnalazione

Il reclamo è un atto circostanziato con il quale l’interessato denuncia al Garante una violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali.

Il reclamo può essere proposto:

–        quando non si è ottenuta una tutela soddisfacente dei propri diritti;

–        quando si vuole promuovere una decisione del Garante su una questione di sua competenza.

Il reclamo non ha particolari formalità, ma deve comunque contenere l’indicazione:

–        dei fatti e delle circostanze su cui si fonda;

–        delle disposizioni che si presumono violate;

–        delle misure richieste;

–        degli estremi identificativi del titolare, del responsabile (se conosciuto) e dell’istante.

Al reclamo seguono:

–        un’istruttoria preliminare;

–        un eventuale procedimento amministrativo nel quale possono essere adottati vari provvedimenti (ad esempio, prescrizione di: blocco del trattamento, adozione di misure opportune o necessarie per rendere il trattamento conforme alla normativa, ecc.).

Il reclamo non è gratuito: bisogna pagare 150 euro a titolo di diritti di segreteria (è necessario allegare al reclamo la ricevuta del versamento). Non è previsto il rimborso per le spese della procedura.

Il Garante ha emesso diverse decisioni dopo aver ricevuto segnalazioni e reclami (come nel celebre caso Peppermint: qui potete leggere il testo del provvedimento e qui il suo riassunto).

5. La segnalazione

Se l’interessato non può o non vuole presentare un reclamo circostanziato, può inviare al Garante una segnalazione, finalizzata a sollecitarne l’esercizio dell’attività di controllo.

La segnalazione è gratuita, non presenta particolare formalità e deve essere inviata al Garante (i suoi recapiti sono consultabili sul sito ufficiale).

La segnalazione, chiaramente, deve riportare gli elementi utili per consentire al Garante di assumere un’eventuale decisione qualora ritenga che, nel caso riportato, si sia verificata una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali.

Ad una o più segnalazioni possono seguire un’istruttoria preliminare e un procedimento amministrativo nel quale possono essere adottati vari provvedimenti (ad esempio, prescrizione di: blocco del trattamento, adozione di misure opportune o necessarie per rendere il trattamento conforme alla normativa, ecc.), anche prima della definizione del procedimento.

Il Garante si è più volte pronunciato in seguito ad una o più segnalazioni ricevute, come nel caso di Google Street View.

6. Il ricorso alla segnalazione

Il ricorso al Garante è un atto formale, che deve essere presentato rispettando particolari formalità e unicamente per far valere i diritti di cui all’articolo 7 del Codice.

Può essere presentato nei seguenti casi:

–        in caso di tardiva o non soddisfacente risposta del titolare o del responsabile (se designato). Come si è detto, all’istanza è necessario dare riscontro entro 15 o 30 giorni, a seconda dei casi;

–        se il decorso dei termini relativi al riscontro dell’istanza esporrebbe l’interessato ad un pregiudizio imminente ed irreparabile.

Il ricorso non è gratuito: anche in questo caso bisogna pagare 150 euro a titolo di diritti di segreteria (è necessario allegare al ricorso la ricevuta del versamento).

Il ricorso alla segnalazione deve contenere:

–        gli estremi identificativi del ricorrente, dell’eventuale procuratore speciale, del titolare e, ove conosciuto, del responsabile eventualmente designato per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7;

–        la data dell’istanza presentata al titolare (o al responsabile), oppure del pregiudizio imminente ed irreparabile che permette di prescindere dalla richiesta medesima;

–        gli elementi posti a fondamento della domanda;

–        il provvedimento richiesto al Garante;

–        il domicilio eletto ai fini del procedimento.

Inoltre, su richiesta di una o entrambe le parti, il Garante può disporre la condanna alle spese nei confronti della parte soccombente. Inoltre, il Garante può compensare le spese, anche parzialmente, se ricorrono giusti motivi.

È bene sapere che l’ammontare delle spese è, per legge, forfettario e varia da un minimo di 500 euro ad un massimo di 1.000 euro (in base alla complessità del procedimento).

ll Garante, se ritiene fondato il ricorso, può ordinare la cessazione del comportamento illegittimo, indicando le misure necessarie a tutela dei diritti dell’interessato e assegnando un termine per la loro adozione. Vige il principio del silenzio-diniego: la mancata pronuncia sul ricorso, decorsi sessanta giorni dalla data di presentazione, equivale a rigetto.

Contro il provvedimento (espresso o tacito) del Garante è possibile proporre ricorso dinanzi al tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento.

Il Garante si è più volte pronunciato su ricorsi relativi a fattispecie inerenti la tecnologia (ad esempio, in tema di email aziendale e privacy del dipendente).

7. Conclusioni

Ricapitolando, se la nostra privacy viene violata abbiamo tre strumenti a nostra disposizione per rivolgerci al Garante della privacy e, si spera, ottenere tutela. Mentre il primo è gratuito (la segnalazione), gli altri due (reclamo e ricorso) richiedono il pagamento di 150 euro a titolo di spese di segreteria. Nel caso del ricorso, poi, è prevista la possibilità di chiedere (o subire) la condanna alle spese del procedimento, per cui è opportuno agire mediante ricorso solo qualora il ricorrente sia ragionevolmente certo della fondatezza delle proprie pretese.

Segnaliamo che sul sito del Garante è presente un indice per materia dei provvedimenti adottati.

8. Appendice normativa (estratti dal Codice in materia di protezione dei dati personali)

 

Sezione II – Tutela amministrativa

Art. 142 Proposizione dei reclami

1. Il reclamo contiene un’indicazione per quanto possibile dettagliata dei fatti e delle circostanze su cui si fonda, delle disposizioni che si presumono violate e delle misure richieste, nonché gli estremi identificativi del titolare, del responsabile, ove conosciuto, e dell’istante.

2. Il reclamo è sottoscritto dagli interessati, o da associazioni che li rappresentano anche ai sensi dell’articolo 9, comma 2, ed è presentato al Garante senza particolari formalità. Il reclamo reca in allegato la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l’eventuale procura, e indica un recapito per l’invio di comunicazioni anche tramite posta elettronica, telefax o telefono.

Il Garante può predisporre un modello per il reclamo da pubblicare nel Bollettino e di cui favorisce la disponibilità con strumenti elettronici.

 

Art. 143 Procedimento per i reclami

1. Esaurita l’istruttoria preliminare, se il reclamo non è manifestamente infondato e sussistono i presupposti per adottare un provvedimento, il Garante, anche prima della definizione del procedimento:

a) prima di prescrivere le misure di cui alla lettera b), ovvero il divieto o il blocco ai sensi della lettera c), può invitare il titolare, anche in contraddittorio con l’interessato, ad effettuare il blocco spontaneamente;

b) prescrive al titolare le misure opportune o necessarie per rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti;

c) dispone il blocco o vieta, in tutto o in parte, il trattamento che risulta illecito o non corretto anche per effetto della mancata adozione delle misure necessarie di cui alla lettera b), oppure quando, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determinare, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per uno o più interessati;

d) può vietare in tutto o in parte il trattamento di dati relativi a singoli soggetti o a categorie di soggetti che si pone in contrasto con rilevanti interessi della collettività.

2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana se i relativi destinatari non sono facilmente identificabili per il numero o per la complessità degli accertamenti.

 

Art. 144 Segnalazione

1. I provvedimenti di cui all’articolo 143 possono essere adottati anche a seguito delle segnalazioni di cui all’articolo 141, comma 1, lettera b), se è avviata un’istruttoria preliminare e anche prima della definizione del procedimento.

 

Sezione III – Tutela alternativa a quella giurisdizionale

 

Art. 145 Ricorsi

1. I diritti di cui all’articolo 7 possono essere fatti valere dinanzi all’autorità giudiziaria o con ricorso al Garante.

2. Il ricorso al Garante non può essere proposto se, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, è stata già adita l’autorità giudiziaria.

3. La presentazione del ricorso al Garante rende improponibile un’ulteriore domanda dinanzi all’autorità giudiziaria tra le stesse parti e per il medesimo oggetto.

 

Art. 146 Interpello preventivo

1. Salvi i casi in cui il decorso del termine esporrebbe taluno a pregiudizio imminente ed irreparabile, il ricorso al Garante può essere proposto solo dopo che è stata avanzata richiesta sul medesimo oggetto al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, e sono decorsi i termini previsti dal presente articolo, ovvero è stato opposto alla richiesta un diniego anche parziale.

2. Il riscontro alla richiesta da parte del titolare o del responsabile è fornito entro quindici giorni dal suo ricevimento.

3. Entro il termine di cui al comma 2, se le operazioni necessarie per un integrale riscontro alla richiesta sono di particolare complessità, ovvero ricorre altro giustificato motivo, il titolare o il responsabile ne danno comunicazione all’interessato. In tal caso, il termine per l’integrale riscontro è di trenta giorni dal ricevimento della richiesta medesima.

 

Art. 147 Presentazione del ricorso

1. Il ricorso è proposto nei confronti del titolare e indica:

a) gli estremi identificativi del ricorrente, dell’eventuale procuratore speciale, del titolare e, ove conosciuto, del responsabile eventualmente designato per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7;

b) la data della richiesta presentata al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, oppure del pregiudizio imminente ed irreparabile che permette di prescindere dalla richiesta medesima;

c) gli elementi posti a fondamento della domanda;

d) il provvedimento richiesto al Garante;

e) il domicilio eletto ai fini del procedimento.

2. Il ricorso è sottoscritto dal ricorrente o dal procuratore speciale e reca in allegato:

a) la copia della richiesta rivolta al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1;

b) l’eventuale procura;

c) la prova del versamento dei diritti di segreteria.

3. Al ricorso è unita, altresì, la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l’indicazione di un recapito per l’invio di comunicazioni al ricorrente o al procuratore speciale mediante posta elettronica, telefax o telefono.

4. Il ricorso è rivolto al Garante e la relativa sottoscrizione è autenticata. L’autenticazione non è richiesta se la sottoscrizione è apposta presso l’Ufficio del Garante o da un procuratore speciale iscritto all’albo degli avvocati al quale la procura è conferita ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, ovvero con firma digitale in conformità alla normativa vigente.

5. Il ricorso è validamente proposto solo se è trasmesso con plico raccomandato, oppure per via telematica osservando le modalità relative alla sottoscrizione con firma digitale e alla conferma del ricevimento prescritte ai sensi dell’articolo 38, comma 2, ovvero presentato direttamente presso l’Ufficio del Garante.

 

Art. 148 Inammissibilità del ricorso

1. Il ricorso è inammissibile:

a) se proviene da un soggetto non legittimato;

b) in caso di inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 145 e 146;

c) se difetta di taluno degli elementi indicati nell’articolo 147, commi 1 e 2, salvo che sia regolarizzato dal ricorrente o dal procuratore speciale anche su invito dell’Ufficio del Garante ai sensi del comma 2, entro sette giorni dalla data della sua presentazione o della ricezione dell’invito. In tale caso, il ricorso si considera presentato al momento in cui il ricorso regolarizzato perviene all’Ufficio.

2. Il Garante determina i casi in cui è possibile la regolarizzazione del ricorso.

 

Art. 149 Procedimento relativo al ricorso

1. Fuori dei casi in cui è dichiarato inammissibile o manifestamente infondato, il ricorso è comunicato al titolare entro tre giorni a cura dell’Ufficio del Garante, con invito ad esercitare entro dieci giorni dal suo ricevimento la facoltà di comunicare al ricorrente e all’Ufficio la propria eventuale adesione spontanea. L’invito è comunicato al titolare per il tramite del responsabile eventualmente designato per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, ove indicato nel ricorso.

2. In caso di adesione spontanea è dichiarato non luogo a provvedere. Se il ricorrente lo richiede, è determinato in misura forfettaria l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al ricorso, posti a carico della controparte o compensati per giusti motivi anche parzialmente.

3. Nel procedimento dinanzi al Garante il titolare, il responsabile di cui al comma 1 e l’interessato hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e hanno facoltà di presentare memorie o documenti. A tal fine l’invito di cui al comma 1 è trasmesso anche al ricorrente e reca l’indicazione del termine entro il quale il titolare, il medesimo responsabile e l’interessato possono presentare memorie e documenti, nonché della data in cui tali soggetti possono essere sentiti in contraddittorio anche mediante idonea tecnica audiovisiva.

4. Nel procedimento il ricorrente può precisare la domanda nei limiti di quanto chiesto con il ricorso o a seguito di eccezioni formulate dal titolare.

5. Il Garante può disporre, anche d’ufficio, l’espletamento di una o più perizie. Il provvedimento che le dispone precisa il contenuto dell’incarico e il termine per la sua esecuzione, ed è comunicato alle parti le quali possono presenziare alle operazioni personalmente o tramite procuratori o consulenti designati. Il provvedimento dispone inoltre in ordine all’anticipazione delle spese della perizia.

6. Nel procedimento, il titolare e il responsabile di cui al comma 1 possono essere assistiti da un procuratore o da altra persona di fiducia.

7. Se gli accertamenti risultano particolarmente complessi o vi è l’assenso delle parti il termine di sessanta giorni di cui all’articolo 150, comma 2, può essere prorogato per un periodo non superiore ad ulteriori quaranta giorni.

8. Il decorso dei termini previsti dall’articolo 150, comma 2 e dall’articolo 151 è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Se il decorso ha inizio durante tale periodo, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo medesimo. La sospensione non opera nei casi in cui sussiste il pregiudizio di cui all’articolo 146, comma 1, e non preclude l’adozione dei provvedimenti di cui all’ articolo 150, comma 1.

 

Art. 150 Provvedimenti a seguito del ricorso

1. Se la particolarità del caso lo richiede, il Garante può disporre in via provvisoria il blocco in tutto o in parte di taluno dei dati, ovvero l’immediata sospensione di una o più operazioni del trattamento. Il provvedimento può essere adottato anche prima della comunicazione del ricorso ai sensi dell’articolo 149, comma 1, e cessa di avere ogni effetto se non è adottata nei termini la decisione di cui al comma 2. Il medesimo provvedimento è impugnabile unitamente a tale decisione.

2. Assunte le necessarie informazioni il Garante, se ritiene fondato il ricorso, ordina al titolare, con decisione motivata, la cessazione del comportamento illegittimo, indicando le misure necessarie a tutela dei diritti dell’interessato e assegnando un termine per la loro adozione. La mancata pronuncia sul ricorso, decorsi sessanta giorni dalla data di presentazione, equivale a rigetto.

3. Se vi è stata previa richiesta di taluna delle parti, il provvedimento che definisce il procedimento determina in misura forfettaria l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al ricorso, posti a carico, anche in parte, del soccombente o compensati anche parzialmente per giusti motivi.

4. Il provvedimento espresso, anche provvisorio, adottato dal Garante è comunicato alle parti entro dieci giorni presso il domicilio eletto o risultante dagli atti. Il provvedimento può essere comunicato alle parti anche mediante posta elettronica o telefax.

5. Se sorgono difficoltà o contestazioni riguardo all’esecuzione del provvedimento di cui ai commi 1 e 2, il Garante, sentite le parti ove richiesto, dispone le modalità di attuazione avvalendosi, se necessario, del personale dell’Ufficio o della collaborazione di altri organi dello Stato.

6. In caso di mancata opposizione avverso il provvedimento che determina l’ammontare delle spese e dei diritti, o di suo rigetto, il provvedimento medesimo costituisce, per questa parte, titolo esecutivo ai sensi degli articoli 474 e 475 del codice di procedura civile.

Art. 151 Opposizione

1. Avverso il provvedimento espresso o il rigetto tacito di cui all’articolo 150, comma 2, il titolare o l’interessato possono proporre opposizione con ricorso ai sensi dell’articolo 152. L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento.

2. Il tribunale provvede nei modi di cui all’articolo 152.

 

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Documento Valutazione dei Rischi (DVR)

documento-valutazione-rischiIl Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)

Cosa è la valutazione del rischio?

La valutazione dei rischi è uno degli obblighi principali di ogni Datore di Lavoro (art.li 17, 28 e 29 D.Lgs 81/08). Per effettuare la valutazione dei rischi di una realtà lavorativa occorre individuare tutti i pericoli connessi all’attività svolta e quantificare il rischio, ossia la probabilità che ciascun pericolo si tramuti in danno, tenuto conto dell’entità del potenziale danno.

 

A quale sanzione incorre il Datore di Lavoro che non effettua la valutazione dei rischi?

La mancata valutazione dei rischi da parte del Datore di Lavoro è sanzionabile con arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da € 2.500 a € 6.400.

Cosa è il DVR?

Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi in forma scritta, elaborando un documento denominato “Documento di Valutazione dei Rischi” o “DVR”.

Quanto costa effettuare la valutazione dei rischi e l’elaborazione del DVR?

Il costo è a partire da 200 € per piccole attività di basso rischio.

Cosa deve contenere il DVR?

Il Documento di Valutazione dei Rischi, anche detto DVR, non si deve limitare a riportare l’anagrafica aziendale, l’organigramma della sicurezza e tutti i pericoli relativi all’attività svolta, suggerendo semplicemente alcuni consigli per la gestione dei vari pericoli, ma deve calarsi nella realtà valutata. Occorre analizzare tutte le fasi lavorative interne all’azienda, individuando tutti i pericoli connessi a ciascuna fase e quantificando tutti i rischi derivati. E’ necessario dunque misurare ciascun rischio, non è sufficiente solo menzionarlo del documento. Nel DVR deve essere inoltre presente un programma di miglioramento della sicurezza nel tempo, dove vengono riportate tutte le misure di prevenzione predisposte, il soggetto responsabile dell’attuazione ed una programmazione temporale.

Per poter redigere un DVR è indispensabile un sopralluogo da parte di un Tecnico della Sicurezza, che effettuando le registrazioni e le misurazioni necessarie, sarà in grado di valutare quantitativamente tutti i rischi. E’ per questi motivi che non è possibile redigere un DVR senza il sopralluogo tecnico. I cosiddetti “DVR on line”, ossia che vengono redatti senza la visita del professionista in azienda, risultano gravemente incompleti ed in caso di visita ispettiva da parte degli organi di controllo generano immancabilmente prescrizioni e sanzioni.

Cos'è un Documento di Valutazione dei Rischi Standardizzato (DVRS)?

E’ il Documento di Valutazione dei Rischi redatto partendo da un modello di riferimento di base approvato dalla Commissione Consultiva e recepito con il decreto dei Ministeri del Lavoro e dell’Interno (Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012). Può essere utilizzato da tutti quei Datori di Lavoro di aziende che contano fino a 50 lavoratori con esclusione delle seguenti: aziende industriali, impianti o installazioni con i lavoratori esposti a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni e connessi all’esposizione ad amianto.

Il DVRS prevede una struttura suddivisa in quattro fasi:

  • descrizione dell'azienda, del ciclo lavorativo, delle attività e delle mansioni;
  • individuazione dei pericoli presenti;
  • valutazione dei rischi associati ai pericoli individuati e misure di attuazione;
  • definizione del programma di miglioramento.

Sicurezza lavoro: le sanzioni per il Datore di lavoro e per il Dirigente

Sicurezza lavoro: le sanzioni per il Datore di lavoro e per il Dirigente

Quando si parla di sicurezza sul lavoro, ci si dimentica spesso di approfondire il discorso relativo all’impianto sanzionatorio presente nel D.Lgs. 81/08 ed aggiornato dal successivo D.Lgs. 106/09 . In ragione di ciò, appare quanto mai opportuno ricapitolare le principali sanzioni a carico delle figure aziendali della sicurezza.

Naturalmente, partiamo dal Datore di lavoro, che in quanto titolare del rapporto di lavoro e detentore dei poteri decisionali e di spesa, è colui che ha le maggiori responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Il Datore di lavoro ha, innanzitutto, due obblighi non delegabili, ossia: la valutazione di tutti i rischi (con conseguente redazione del Documento di Valutazione dei Rischi) e la nomina del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP). Nel primo caso, il Datore di lavoro, che non ottempera a tale obbligo, è sanzionato con un’ammenda che va da un minimo di 1.096 ad un massimo di 4.384 euro, se il Documento risulta incompleto. In caso di omessa redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) il Datore di lavoro rischia l’arresto da 3 a 6 mesi oppure un’ammenda da 2.500 € a 6.400 €. La mancata nomina dello RSPP, invece, comporta per il Datore di lavoro l’arresto da 3 a 6 mesi oppure un’ammenda da 2.500 € a 6.400 €.

Per inadempienze relative agli obblighi di informazione, formazione e addestramento dei dirigenti, dei preposti nonché dei lavoratori e dei loro rappresentanti, il datore di lavoro è sanzionato con l’arresto da due a quattro mesi o con un’ammenda da 1.315,20 a 5.699,20 euro.

Per quanto riguarda gli obblighi in capo sia al Datore di lavoro che al Dirigente si riportano le principali sanzioni previste dal D.Lgs. 81/08:

  • arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.644 a 6.576 euro per mancata nomina del medico competente (nei casi previsti dalla normativa); mancata fornitura ai lavoratori dei dispositivi di protezione individuale (DPI); mancato aggiornamento delle misure di prevenzione in occasione di importanti mutamenti organizzativi e produttivi;
  • arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.315,20 a 5.699,20 euro nel caso in cui i lavoratori vengano adibiti a mansioni non adatte alle loro capacità professionali o alle loro condizioni di salute;
  • ammenda da 2.192 a 4.384 euro per mancato invio dei lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste,
  • arresto da due a quattro mesi o ammenda da 822 a 4.384 euro per mancata consegna agli RLS del Documento di Valutazione dei Rischi.
  • sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 € per omessa comunicazione all’INAIL degli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro di almeno 1 giorno, escluso dell’evento, ai soli fini statistici e informativi;
  • sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 4.500 € per omessa denuncia all’INAIL degli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a 3 giorni;
  • sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 € per omessa comunicazione all’INAIL dei nominativi del RLS.

Infine, è bene ricordare che il Datore di lavoro ed in alcuni casi il Dirigente, non sono le sole figure aziendali soggette alle sanzioni previste dal D.Lgs. 81/08. Anche RSPP, Medico competente ed lavoratore hanno degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro, che se non rispettati possono trasformarsi in sanzioni penali, amministrative o pecuniarie.  

Responsabile del trattamento

Risultati immagini per titolare trattamento dati 679Responsabile del Trattamento, una delle peculiarità del Regolamento generale sulla protezione dei dati rispetto alla normativa previgente è, certamente, il ruolo del di questa figura.

L'avv. Cristina Virarelli, ha già parlato dei problemi di traduzione, composti grazie all’intervento dell’Autorità Garante, e non mi dilungherò di nuovo su questo, se non per ricordare che le traduzioni di pareri del Gruppo di lavoro dei Garanti (WP29), precedenti al Regolamento, recano ancora i termini “responsabile” e “incaricato” per indicare il “controller” e il “processor” termini che oggi vengono tradotti come “titolare” e “responsabile”. Nel corso di questa breve disamina, trovandomi a richiamare il parere 1/2010 del WP29 renderò sempre con “titolare” e “responsabile” i termini  “controller” e “processor”, sostituendo direttamente la differente e confusoria terminologia utilizzata nelle traduzioni ufficiali.

Il “nuovo” responsabile del trattamento

Il Regolamento generale sulla protezione dei dati non muta di una virgola la definizione di titolare e responsabile del trattamento rispetto alla direttiva 95/45/CE che lo ha preceduto.

Il titolare (“controller”)  era definito nella direttiva come “la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o qualsiasi altro organismo che, da solo o insieme ad altri, determina le finalità e gli strumenti del trattamento di dati personali (.…)”

Il Responsabile (“processor”) invece era indicato come “la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o qualsiasi altro organismo che elabora dati personali per conto del responsabile del trattamento”.

Nel Regolamento generale queste figure sono definite rispettivamente come:

«titolare del trattamento» (controller): la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali (…).

«responsabile del trattamento» (processor): la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento;

La novità del Regolamento, pertanto, non si annida nelle definizioni, pressoché identiche alle precedenti, ma nella rivoluzione copernicana che, nel suo complesso, il Regolamento fa compiere alla tutela dei dati personali, facendola passare da un approccio basato su adempimenti calati dall’alto a un approccio basato sul rischio, e consegna la protezione dei dati nelle mani del titolare, il quale, grazie al principio di responsabilizzazione, (“accountability”) potrà, nei limiti e dentro i parametri delineati dal Regolamento, adottare le misure che ritiene più opportune e comprovare il conseguimento degli obiettivi che ha raggiunto nel rispetto dei principi che presiedono il trattamento (lecito) dei dati personali.

Tale nuovo impianto lambisce anche il ruolo del responsabile del trattamento, il quale è insignito di nuovi compiti, condivide in certa misura le responsabilità del titolare in ordine al risarcimento del danno a terzi, ed è oggetto di autonome sanzioni amministrative, a differenza di quanto avveniva con il codice privacy, ove la sanzione amministrativa era sempre diretta contro il titolare.

Non solo: la nomina a responsabile è obbligatoria e non più facoltativa.

L’individuazione del responsabile non avviene più, quindi, a discrezione del titolare, ma è un atto dovuto. Non solo: la designazione del responsabile emerge ex se dallo stato di fatto: il titolare e il responsabile regoleranno i loro rapporti contrattualmente, ma non sarà possibile forzare l’assetto contrattuale per definire i reciproci ruoli: l’assetto contrattuale rispecchierà, invece, il concreto “potere” che questi soggetti eserciteranno sul trattamento dei dati personali, prendendo o meno decisioni in ordine alle finalità e ai mezzi del trattamento stesso.

Le garanzie di affidabilità del responsabile, ove si esternalizzi un servizio, pertanto, dovranno essere valutate attentamente già in fase di affidamento, dato che, come già avveniva con il codice privacy, il trattamento potrà essere affidato dal titolare solo a chi presenti “garanzie sufficienti per mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate in modo tale che il trattamento soddisfi i requisiti del presente regolamento e garantisca la tutela dei diritti dell’interessato”.

Responsabile interno o responsabile esterno?

I primi commentatori del Regolamento hanno evidenziato come il ruolo del responsabile del trattamento tratteggiato nel Regolamento sia cucito addosso al solo Responsabile esterno, notando come vi siano i talune indicazioni che non hanno senso se trasferite all’interno del rapporto di lavoro – su tutte, a titolo esemplificativo, si riporta l’obbligo di predisporre una idonea contrattualistica che preveda anche che il responsabile “metta a disposizione del titolare del trattamento tutte le informazioni necessarie per dimostrare il rispetto degli obblighi di cui al presente articolo e consenta e contribuisca alle attività di revisione, comprese le ispezioni, realizzati dal titolare del trattamento o da un altro soggetto da questi incaricato” (art. 28 c. 3 lett. h del Regolamento).

Nel tempo, però, questa posizione prima piuttosto uniforme si è frastagliata e oggi vi sono autorevoli commentatori che ritengono che sia possibile anche configurare un responsabile interno.

Tali argomentazioni poggiano sia sul fatto che la figura del responsabile interno non è espressamente esclusa dalla normativa europea, sia su alcune interpretazioni letterali, sia, infine, su talune annotazioni organizzative.

Il dato letterale

Per ricavare l’inquadramento del responsabile all’interno della struttura del titolare si può fare riferimento al tenore letterale della traduzione italiana del Regolamento, dandone una lettura aderente al diritto interno, risultato che si ottiene enfatizzando  i termini ’”organismo” o “servizio”, che nel nostro Paese possono, in effetti, richiamare un qualche affidamento all’interno della struttura del titolare. E’ lecito domandarsi però se sia opportuno interpretare il dato letterale di una sola traduzione senza interrogarsi sul senso di tali espressioni nelle altre lingue ufficiali, e senza valutare il significato che possano avere acquisito sul piano europeo.

Anzi sul piano europeo si è affermata l’interpretazione opposta: l’ICO, ad esempio, ha richiamato la precedente definizione di responsabile contenuta nel “Data Protection Act” (il codice privacy del Regno Unito, per intenderci, che escludeva espressamente che il ruolo potesse di responsabile essere affidato a dipendenti del titolare) sostenendo che la formulazione del Regolamento (che pure non riporta espressamente l’esclusione dei dipendenti)  nulla  muta rispetto all’individuazione di titolare e responsabile ivi contenute (cfr. ICO GDPR guidance: Contracts and liabilities between controllers and processors: “a processor is a natural or legal person or organisation which processes personal data on behalf of a controller.

If you are not sure whether you are a controller or a processor, please refer to our guidance Data controllers and data processors. Although it is based on the Data Protection Act 1998 (DPA), the parts of the guidance setting out how to determine who is the controller and who is the processor are still relevant under the GDPR.”

Fonte: https://ico.org.uk/media/about-the-ico/consultations/2014789/draft-gdpr-contracts-guidance-v1-for-consultation-september-2017.pdf)

Neppure il CNIL, che ad oggi presiede il WP29, pare sposare un simile orientamento: nella guida ai responsabili che ha pubblicato nel settembre 2017 per agevolare l’applicazione del Regolamento (GUIDE DU SOUS-TRAITANT EDITION SEPTEMBRE 2017) non solo si riferisce espressamente alla sola figura del responsabile esterno, inquadrando i rapporti tra titolare e responsabile più volte in termini di fornitore e cliente, ma richiama anche, espressamente, il Parere 1/2010 (WP 169)  sui concetti di titolare e responsabile del trattamento, dimostrando di ritenerlo ancora attuale.

Il Parere 1/2010 del Gruppo di lavoro Art. 29

Il Parere del WP29 richiamato dal CNIL aveva già affrontato il problema dell’inquadramento del responsabile come soggetto interno o esterno, in particolare indagando se quel trattare i dati “per conto” del titolare possa includere anche i soggetti interni alla sua struttura (argomento che potrebbe utilizzarsi anche oggi, per sostenere la compliance al Regolamento di un ruolo interno).

Ebbene, diceva il WP29 che l’esistenza di un responsabile del trattamento dipende da una decisione presa dal titolare del trattamento. Quest’ultimo può decidere o di trattare i dati all’interno della propria organizzazione – ad esempio attraverso collaboratori autorizzati a trattare i dati sotto la sua diretta autorità-, o di delegare tutte o una parte delle attività di trattamento a un’organizzazione esterna, cioè, come indica la relazione della proposta modificata della Commissione, a una “persona giuridicamente distinta dal titolare ma che agisce per conto di quest’ultimo“.

E’ chiara, quindi, l’intenzione del legislatore, esternata nella relazione della Commissione richiamata dal WP29, e la mera trasposizione della definizione dalla Direttiva al Regolamento non può autorizzare a presumere che l’intenzione del legislatore sia mutata.

Concludeva quindi il WP29 “Il presente parere analizza anche il concetto di “responsabile del trattamento“, la cui esistenza dipende da una decisione presa dal titolare del trattamento. Quest’ultimo può decidere o di trattare i dati all’interno della propria organizzazione o di delegare tutte o una parte delle attività di trattamento a un’organizzazione esterna. Per poter agire come responsabile del trattamento occorrono pertanto due requisiti: da un lato essere una persona giuridica distinta (rectius: entità giuridica distinta – nella versione francese è “une entité juridique distincte” n.d.r.) dal titolare del trattamento, e dall’altro elaborare i dati personali per conto di quest’ultimo. Questa attività di trattamento può essere limitata a un compito o a un contesto molto specifico, oppure può lasciar spazio a un certo margine di discrezionalità sul modo di servire gli interessi del titolare del trattamento, permettendo al responsabile del trattamento di scegliere i mezzi tecnici e organizzativi più adeguati” (riporto anche il testo in inglese, per dare modo al lettore di valutare come il riferimento alla “persona giuridica” non vada inteso in senso tecnico: “This opinion also analyzes the concept of processor, the existence of which depends on a decision taken by the controller, who can decide either to process data within his organization or to delegate all or part of the processing activities to an external organization. Therefore, two basic conditions for qualifying as processor are on the one hand being a separate legal entity with respect to the controller and on the other hand processing personal data on his behalf. This processing activity may be limited to a very specific task or context or may accommodate a certain degree of discretion about how to serve the controller’s interests, allowing the processor to choose the most suitable technical and organizational means.”)

A livello europeo, pertanto, l’interpretazione lascia poco margine ai dubbi: la figura del responsabile interno non è data.

L’esperienza italiana

Per contro, l’Italia ha sempre ammesso il ruolo di responsabile interno.

Un disallineamento, rispetto al WP29, che affondava le radici in epoca ben precedente al parere del 2010, e che si basava sull’ampio margine di discrezionalità concesso dalla direttiva.

Discrezionalità che non sussiste con il Regolamento: ove agli Stati è concesso operare deroghe e personalizzazioni è espressamente indicato (e non sono poche ipotesi), si guardi, in proposito la definizione di titolare. Tale deroga non è presente, però, nella definizione di responsabile.

Trarre la configurabilità di un responsabile interno (con il carico di oneri, -mi si passi il gioco di parole- responsabilità e sanzioni che questi reca con sé in base al Regolamento), in via interpretativa sulla sola assenza di un divieto in tal senso appare, quindi, piuttosto azzardato.

Senza considerare il noto brocardo “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”: quando il legislatore ha inteso assegnare un ruolo a soggetti sia interni che esterni alla struttura del titolare lo ha detto espressamente, come nel caso del data protection officer (cfr art. 37 comma 6).

La guida del Garante  

Quanto detto sin qui basta a escludere la  configurabilità di un ruolo interno del responsabile?

Ad avviso di chi scrive basterebbe, se avessimo la certezza che il parere 1/2010 reso dal WP29 sarà mantenuto fermo una volta insediatosi il Board; innanzi tutto, quindi, occorrerebbe sapere se il ridetto parere sopravviverà, negli stessi termini,  al 25 maggio 2018: certo, a guardare le indicazioni che provengono dall’ICO e dal CNIL si potrebbe optare per il sì, ma non possiamo ancora dirlo con assoluta certezza. Vi sono indizi sul piano nazionale che facciano propendere, invece, per il mantenimento di questa figura? A guardar bene, in effetti, qualche dubbio viene… vi sono delle indicazioni pratiche che possono indurre questa convinzione  e ciò per due ordini di ragioni:

  • da un lato il Garante per la protezione dei dati personali ha annunciato di voler mantenere la figura dell’incaricato, e appare arduo a chi scrive immaginare strutture importanti composte di soli incaricati, senza responsabili. Dal punto di vista pratico, la figura di un soggetto sovraordinato agli incaricati potrebbe essere opportuna. E’ altamente probabile che, in assenza di “liberalizzazioni” sul punto (ad esempio lasciando libertà di assegnare ruoli di maggior o minore “responsabilità” agli incaricati, o eliminandoli del tutto, sulla scorta di altri paesi europei), l’esigenza di prevedere la figura del responsabile interno emerga dal basso, ovvero dalla presenza degli incaricati e dalle necessità organizzative che ne conseguono.
  • Dall’altro lato il Garante nella sintetica “Guida all’applicazione del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali”, che ha pubblicato sul proprio sito istituzionale, non ha evidenziato alcuna novità in ordine al ruolo del responsabile, e se l’Autorità avesse voluto prendere una posizione netta in merito avrebbe potuto farlo senza difficoltà: invece ha laconicamente affermato nel capitolo dedicato al titolare e al Responsabile, sotto il paragrafo “cosa non cambia” che “Il regolamento definisce caratteristiche soggettive e responsabilità di titolare e responsabile del trattamento negli stessi termini di cui alla direttiva 95/46/CE (e, quindi, al Codice italiano)”.  Eppure il Codice parlava di responsabili come di soggetti “preposti dal titolare”, ammettendo pacificamente l’esistenza del responsabile interno, e dichiarava espressamente che la nomina era facoltativa. Inoltre le responsabilità definite dal Regolamento, ad avviso di chi scrive, non appaiono affatto così facilmente sovrapponibili a quelle della direttiva.

Tuttavia, se il Garante suggerisce una certa continuità tra i ruoli, evidentemente dobbiamo attenderci una continuità tra i ruoli: significa dunque che verrà ritenuto ammissibile il responsabile negli stessi termini del Codice italiano? Ossia un ruolo anche interno e facoltativo?

Che fare?

Come abbiamo visto sopra vi sono ragioni sistematiche, di matrice europea, che indurrebbero a preferire di non forzare l’interpretazione delle norme, in favore di una figura di cui buona parte dell’Europa è riuscita a fare a meno sino ad oggi senza inficiare la protezione dei dati. Dall’altra parte, però occorrerebbe da un lato che il Board restasse ancorato all’interpretazione offerta dal WP29, dall’altra che l’Italia trovasse il coraggio di “abbandonare la strada vecchia per la nuova” cosa che non è mai stata troppo nelle corde del nostro Paese. Non è impossibile, quindi, che l’Italia  mantenga l’impianto che le è più noto, ammettendo la permanenza del responsabile interno (almeno fino a che qualcuno non domandi un intervento chiarificatore sovranazionale).

Invero, il fatto che non sia giunta alcuna netta indicazione dall’Autorità su un aspetto tanto importante dal punto di vista organizzativo, se non un laconico riferimento al mantenimento dell’impianto pregresso in un’ottica di continuità, spinge a ritenere che non vi saranno mutamenti di rilievo sul punto: il passaggio da una figura sia “interna” sia “esterna” ad una solo “esterna”, e il passaggio da una figura facoltativa ad una obbligatoria avrebbero meritato un certo rilievo nel paragrafo della guida dedicato al “che cosa cambia”, ma non ve n’è traccia. Sono invece evidenziati i subresponsabili e gli obblighi di nomina del DPO e del rappresentante nello Stato.

Sarà quindi prudente, per le imprese, controllare le nomine di responsabili e incaricati, adeguando la contrattualistica relativa alla designazione del responsabile alle indicazioni offerte dal Regolamento, anche se, ove tale adempimento si rivolgesse all’interno della struttura del titolare, meriterebbero attenzione alcuni punti, da valutare in chiave giuslavoristica, afferenti le autonome responsabilità che si assume il dipendente, i nuovi compiti e poteri decisionali che sono connessi al ruolo di responsabile e la loro compatibilità con l’inquadramento e le mansioni già svolte dal dipendente (nonché rispetto alla retribuzione)  e la possibilità di incorrere  in autonome sanzioni, nonché le responsabilità in ordine al risarcimento del danno, per condotte assunte in qualità di dipendente, che, probabilmente, verranno prese in considerazione dal legislatore nella sua opera di armonizzazione sul piano del diritto interno (AGGIORNAMENTO: la nuova formulazione dell’articolo 29 del Codice privacy pare superare molte di queste discrasie, si veda “aggiornamento” in calce).

Perdurando l’incertezza e facendosi strada il sospetto malizioso che il legislatore nazionale abbia in mente di prendersi qualche licenza sul responsabile del trattamento, sarà più facile per i titolari, nel brevissimo tempo che ci separa dall’applicazione del Regolamento, revocare o modificare secondo la propria discrezione le nomine interne (comunque possibili fin tanto resta in vigore il Codice della privacy) ove si rivelassero superflue, che approntarle ex novo alla vigilia del 25 maggio 2018.

Accountability e tendenza alla burocratizzazione

E’ evidente che l’accountability e l’approccio basato sul rischio vanno in senso opposto rispetto alla burocratizzazione della privacy, che è stata la maggiore accusa da sempre rivolta alla nostra normativa nazionale. L’esperienza italiana sul punto, specialmente in ordine ai ruoli interni, non ha avuto un buon esito: un gran numero di imprese ha percepito la protezione dei dati personali come una serie di oneri burocratici da assolvere e non come un elemento da valorizzare.

Se il resto d’Europa lascia il titolare libero di gestire la propria organizzazione interna come meglio crede, permette alle imprese di competere anche sotto questo profilo: tanto più l’impresa sarà brava a proteggere i dati, tanto più sarà avvantaggiata sulla concorrenza.

L’Italia sembrava avere un discreto vantaggio in ordine all’applicazione del GDPR, date le molteplici somiglianze del proprio pregresso impianto normativo con il Regolamento, soprattutto in ordine all’acquisizione del consenso e alla tutela dei diritti dell’interessato, ma se non supera il proprio approccio tradizionale, accordando maggior fiducia ai titolari, rischia di vanificare l’esperienza maturata. L’indagine comparativa recentemente condotta dall’Autorità olandese, restituisce un’Italia fanalino di coda nella tutela dei dati personali, accanto alla Romania, mentre, come sempre, a guidare la volata, ci sono Germania e Olanda (“With the group of countries compared in this research, Germany is frontrunner in most aspects and Italy and Romania are at the other end of the spectrum. The Netherlands perform above average in most aspects”). Sarà bene che il legislatore nazionale rifletta attentamente in ordine alle procedure che intende aggiungere all’impianto regolamentare europeo  (anche al di là della mera riproposizione dei ruoli interni),  mantenendosi quanto più possibile in armonia con il resto dell’Unione, in modo da non relegare l’accountabilty ad una scialba funzione di precostituzione di documenti con sola funzione probatoria, che, mutilando nettamente la discrezionalità del titolare, finirebbe col ricondurre la responsabilizzazione nell’alveo sterile di  una piatta e blanda sfaccettatura della  responsabilità.

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Responsabile Protezione Dati, obblighi e poteri

Risultati immagini per responsabile protezione dati 679Il Regolamento generale sulla protezione dei dati modifica profondamente la figura del responsabile del trattamento, pur mantenendone ferma la definizione rispetto alla precedente direttiva da cui era derivata anche la normativa italiana.

Il Dlgs 196/03, all’articolo 4, definiva “responsabile”, “la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali”, mentre l’Art. 29 del Codice privacy, rubricato “Responsabile del trattamento” disponeva:

  1. “Il responsabile è designato dal titolare facoltativamente.
  2. Se designato, il responsabile è individuato tra soggetti che per esperienza, capacità ed affidabilità forniscano idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento, ivi compreso il profilo relativo alla sicurezza.
  3. Ove necessario per esigenze organizzative, possono essere designati responsabili più soggetti, anche mediante suddivisione di compiti.
  4. I compiti affidati al responsabile sono analiticamente specificati per iscritto dal titolare.
  5. Il responsabile effettua il trattamento attenendosi alle istruzioni impartite dal titolare il quale, anche tramite verifiche periodiche, vigila sulla puntuale osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 e delle proprie istruzioni.”

Il Regolamento generale sulla protezione dei dati, invece, si occupa del responsabile del trattamento all’articolo 28, individuandone analiticamente doveri e responsabilità, ma i suoi compiti, come vedremo più specificamente nel prosieguo, non si esauriscono nel citato articolo. Tuttavia basterà, per ora, limitarsi a riportare la definizione offerta dall’articolo 4 del medesimo Regolamento per poter già evidenziare alcune preliminari differenze: «responsabile del trattamento» è, per il legislatore europeo, “la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento”.

La prima differenza (già da molti evidenziata) rispetto alla normativa italiana (nella formulazione dell’articolo 29 del Codice privacy sopra riportata, antecedente alla novella del 20 novembre 2017), riguardava il passaggio da un ruolo “facoltativo” a uno “obbligatorio” nel senso che nel Regolamento -ove, peraltro, è molto aumentata la capacità del titolare del trattamento di operare scelte discrezionali (seppure nel rispetto dei parametri dettati dal Regolamento stesso)-  è precluso al titolare operare una scelta discrezionale in ordine alla  designazione del responsabile del trattamento. Il titolare può, in una fase antecedente, scegliere se operare o meno l’esternalizzazione di un servizio, ma non può, una volta che abbia optato per l’esternalizzazione, scegliere se nominare o meno il responsabile del trattamento: il ruolo di responsabile emerge ex se, in base all’atteggiamento che il soggetto concretamente assume rispetto alle attività di trattamento che gli sono state delegate da parte del titolare.

Il Codice della privacy, invece, qualifica espressamente come “facoltativa” la nomina del responsabile. In ordine alla nomina dei soggetti esterni, nel tempo, la facoltatività della designazione è stata mitigata da diverse eccezioni, derivanti da alcuni provvedimenti generali del Garante (in conseguenza dei quali si era aperto anche un certo dibattito in ordine al travalicamento, da parte dell’Autorità, dei limiti segnati dalla legge).

Al di là della discussione in ordine alla fonte del potere del Garante di dettare norme in contrasto con l’impianto normativo nazionale (seppure in via di eccezione), di fatto abbiamo avuto interventi del Garante che, ponendo un obbligo di designazione che scaturiva dal concreto assetto dei trattamenti operato dal titolare, gettavano le fondamenta di un impianto molto simile a quello tratteggiato dal Regolamento generale sulla protezione dei dati, in cui non ha alcun rilievo che le parti si qualifichino contrattualmente come titolari o come titolare e responsabile. Queste qualificazioni, infatti, sono del tutto irrilevanti se non riflettono il potere di disposizione che i contraenti esercitano sui dati: saranno l’assetto dei trattamenti operati di fatto e il potere decisionale che questi soggetti sono in grado di dispiegare in ordine alle finalità e ai mezzi dei trattamenti, a qualificarne il ruolo, definendoli come titolare o responsabile.

Come si riconosce, però, il titolare, rispetto al trattamento? E cosa differenzia il titolare dal responsabile?¹

Il titolare è colui che decide in ordine alle finalità e ai mezzi del trattamento (in altre parole decide per quale scopo trattare i dati e con quali modalità operare i trattamenti), mentre il responsabile (del trattamento) si limita a trattare i “ dati personali per conto del titolare del trattamento”, secondo la definizione offerta dall’articolo 4 del Regolamento.

La definizione, quindi, ricalca perfettamente quella già contenuta nella direttiva 95/46/CE.

A questo punto è lecito domandarsi se, rispetto al Codice della privacy, vi siano mutamenti significativi (nel codice infatti la definizione era quella di soggetto “preposto” al trattamento) e se sia ancora possibile individuare il responsabile all’interno della struttura del titolare o se invece tale ruolo potrà essere ricoperto solo da un soggetto giuridicamente distinto dal titolare, quindi un soggetto esterno. Tale problematica (già trattata su queste pagine)², sebbene sia destinata a rimanere sullo sfondo per l’impatto pratico che dispiega sull’organizzazione del titolare, non è oggetto della presente analisi, che sarà limitata a individuare le novità introdotte dal Regolamento rispetto al ruolo del Responsabile del trattamento, senza declinarlo nelle peculiarità del nostro ordinamento, salvo quanto si dirà brevemente ora.

Il nuovo articolo 29 del Codice della privacy

Nel dibattito in ordine alla configurabilità o meno del responsabile interno, infatti, si è appena registrato un sorprendente intervento del legislatore nazionale il quale, con la Legge europea, ha pensato bene di modificare ed integrare anche l’articolo 29 del Codice della Privacy.

La Legge 20 novembre 2017, n. 167  “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2017”³  all’articolo Art. 28 reca la modifica dell’articolo 29 del Codice della Privacy, disponendo quanto segue:
“Modifiche al codice in materia di protezione dei dati  personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
1. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo  30 giugno  2003,  n.  196,  sono  apportate  le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 29:

1) dopo il comma 4 e’ inserito il seguente:

«4-bis. Fermo restando quanto previsto ai commi 1, 2, 3 e  4, il titolare  può  avvalersi,  per  il  trattamento  di  dati,  anche sensibili, di  soggetti  pubblici  o  privati  che,  in  qualità  di responsabili del trattamento, forniscano le garanzie di cui al  comma 2. I titolari stipulano con i predetti responsabili atti giuridici in forma scritta, che specificano la finalità perseguita, la  tipologia dei dati, la durata del trattamento, gli obblighi e i diritti  del responsabile  del  trattamento  e  le  modalità  di  trattamento;  i predetti atti sono adottati in conformità a schemi tipo  predisposti dal Garante»;

2) il comma 5 e’ sostituito dal seguente:

«5. Il responsabile effettua il trattamento attenendosi  alle condizioni stabilite ai sensi  del comma  4-bis  e  alle  istruzioni impartite dal titolare, il quale, anche tramite verifiche periodiche, vigila sulla puntuale osservanza delle disposizioni di cui  al  comma 2, delle proprie istruzioni e di quanto stabilito negli atti  di  cui al comma 4-bis»⁴;

E’ evidente l’intento del legislatore di  distinguere un soggetto interno da uno esterno, e spostare l’asse della discrezionalità della nomina: la nomina del responsabile è discrezionale, dice in sostanza il comma 4 bis (richiamando il comma 1, che enuncia la facoltatività della designazione), tuttavia, se il responsabile si avvale di soggetti pubblici o privati esterni per i trattamenti, deve nominarli responsabili.

Infatti, il titolare esercita la sua discrezionalità nel momento in cui decide di avvalersi di soggetti  esterni (“il titolare  può  avvalersi,  per  il  trattamento  di  dati,  anche sensibili, di  soggetti  pubblici  o  privati”), ma una volta che abbia scelto di chi avvalersi, non può scegliere se nominare o meno il prescelto responsabile: i soggetti esterni, infatti, operano solo in qualità di responsabili del trattamento.

C’è da domandarsi come la norma potrà trovare applicazione in assenza dei citati schemi tipo che l’Autorità dovrebbe emanare (presumibilmente ai sensi dell’articolo 28 comma 8, che, peraltro richiama il meccanismo di coerenza), e come faranno i titolari e i responsabili ad avvantaggiarsi sulla imminente scadenza in ordine alla contrattualizzazione dei trattamenti, in assenza degli schemi tipo che la norma impone (almeno fino al 25 maggio 2018, quando la norma interna in contrasto con il Regolamento potrà comunque essere disapplicata), ma tali interrogativi esulano dal tema del presente articolo, e meritano un’analisi mirata e certamente più dotta di quella che chi scrive potrebbe tentare.

C’è da domandarsi, anche, che senso possa avere una modifica di tale tenore, alla vigilia dell’applicabilità del Regolamento. A chi scrive pare che non abbia alcuna evidente utilità,  se non quella di preservare, accanto alla nomina a responsabile esterno, anche una nomina a responsabile “interno”⁵ che mantenga la sua natura facoltativa a si discosti dal novero delle responsabilità dettate dai data processing agreement (accordi sul trattamento), sommariamente richiamati nell’articolo solo per la parte che riguarda i responsabili esterni.

Il legislatore sembra far trasparire la pervicace intenzione di lasciar sopravvivere l’articolo 29 del Codice della Privacy, e l’impianto delle nomine interne (scritte) che reca con sé, senza scossoni o discontinuità di rilevo (al netto della compatibilità di tale scelta con la struttura europea edificata dal Regolamento -quando non proprio con la lettera del RGPD- che come detto, non è oggetto della presente disamina), pertanto, le novità in ordine al ruolo di responsabile del trattamento si moduleranno, con ogni probabilità, sul solo responsabile esterno.

I limiti del responsabile nel Regolamento

Prima di addentrarci nell’analisi del ruolo di responsabile del trattamento delineato dal Regolamento, occorre evidenziare i limiti entro cui tale ruolo si configura, puntualizzando che:

  1. Un soggetto che tratti i dati personali per conto del titolare è responsabile rispetto ai trattamenti che effettui, appunto, per conto del titolare, ma resta titolare autonomo dei trattamenti che effettui per proprio conto (ovvero dei quali decide in autonomia finalità e mezzi – come nel caso dei propri dipendenti, ad esempio);
  2. Un responsabile che, violando il Regolamento, determini finalità e mezzi dei trattamenti che effettui per conto del titolare sarà considerato titolare del trattamento in questione.

La nuova “responsabilità del responsabile” del Trattamento nel Regolamento

La prima novità di rilievo rispetto alla normativa previgente riguarda il fatto che il Codice della privacy si rivolgeva esclusivamente al titolare, prevedendo che solo al titolare fosse imputata la responsabilità per eventuali mancanze⁶.

Invece il Regolamento coinvolge entrambi gli attori del trattamento, “responsabilizzandoli”.

In tal senso va letto l’articolo 28 del Regolamento, che elenca i compiti del responsabile, enfatizzando la collaborazione che questi è tenuto a prestare al titolare e prevedendo una sua peculiare responsabilità diretta⁷.

In tal senso si legge anche l’obbligo di tenere i registri del trattamento per conto del titolare, posto dall’articolo 30 comma 2 del RGPD, o, ancora, l’obbligo di designare il responsabile della protezione dei dati (o data protection officer) dettato dall’articolo 37 sempre del RGPD.

Cosa deve fare in concreto il responsabile del trattamento?

L’Autorità francese per la protezione dei dati (Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés) ha pensato di pubblicare una guida che, in maniera semplice e schematica, aiuti i responsabili del trattamento ad orientarsi tra i nuovi obblighi. L’autorità individua gli obblighi dei responsabili, che schematizza secondo 3 grandi insiemi (obbligo di tracciabilità e trasparenza, obbligo di garantire la sicurezza dei dati, e obbligo di avvisare, assistere e consigliare il titolare), ai quali aggiunge il fatto di dover tenere in considerazione anche gli obblighi riferiti alla protezione dei dati sin dalla progettazione e per impostazione predefinita, seppure questi ultimi,  prima facie, sembrino gravare sul solo titolare.

Tracciabilità e trasparenza

Innanzi tutto la CNIL evidenzia il fatto che il rapporto tra titolare e responsabile sia tracciabile e trasparente, effetto che si ottiene, ai sensi dell’articolo 28 del Regolamento, contrattualizzando i reciproci obblighi.

In particolare il responsabile del trattamento ha necessità di ricevere per iscritto le istruzioni in ordine ai trattamenti che effettui per conto del titolare, dato che dovrà poter dimostrare che tratta i dati personali soltanto su istruzione documentata del titolare del trattamento.

Sempre per iscritto il responsabile dovrà essere autorizzato dal titolare ad avvalersi di un sub-responsabile, nel caso in cui voglia designarne uno.

Inoltre il responsabile del trattamento dovrà mettere a disposizione del titolare tutte le informazioni necessarie per dimostrare il rispetto degli obblighi che gli impone l’articolo 28 del Regolamento, e dovrà consentire e contribuire alle attività di revisione, comprese le ispezioni (o audit), realizzate dal titolare del trattamento.

Infine, dovrà anche tenere il registro dei trattamenti per conto del titolare per cui tratti i dati.

Sicurezza dei dati

Uno specifico obbligo del responsabile è quello riferito alla sicurezza dei dati: il responsabile del trattamento non ha solo l’obbligo di adottare tutte le misure che consentano un livello di sicurezza dei dati personali che sia adeguata al rischio, ma deve anche garantire la riservatezza dei trattamenti (anche vincolando alla riservatezza i propri dipendenti), deve informare il titolare del trattamento di tutte le violazioni di dati di cui sia venuto a conoscenza,  e una volta terminata la prestazione di servizi, secondo le istruzioni ricevute dal titolare, dovrà cancellare tutti dati o restituirli al titolare, e cancellare tutte le copie esistenti (a meno che non sussista un obbligo di conservazione dettato dalla legge).

Avvisare, assistere e consigliare il titolare

Al responsabile sono posti in capo anche obblighi che implicano una collaborazione col titolare che si concreta nell’avvisare, assistere e consigliare il titolare in merito al trattamento; ad esempio, in ordine al fatto di dover dare avviso al titolare, se il responsabile del trattamento ritiene che un’istruzione ricevuta dal titolare violi una qualche norma sulla protezione dei dati, ne informa immediatamente il titolare.

Egli, inoltre deve prestare assistenza la titolare per consentirgli di evadere le richieste inerenti l’esercizio dei diritti degli interessati (“tenendo conto della natura del trattamento, assista il titolare del trattamento con misure tecniche e organizzative adeguate, nella misura in cui ciò sia possibile al fine di soddisfare l’obbligo del titolare del trattamento di dare seguito alle richieste per l’esercizio dei diritti dell’interessato”).

Tenendo conto della natura del trattamento e delle informazioni a sua disposizione, dovrà aiutare il titolare a garantire la conformità con i requisiti di sicurezza del trattamento, notifica delle violazioni di dati e valutazioni di impatto sulla protezione dei dati.

Privacy by design e by default

Inoltre il responsabile dovrà tener conto del rispetto degli obblighi che discendono dai principi di privacy by design e privacy by default, cui è tenuto il titolare ai sensi dell’articolo 25 del Regolamento. Infatti, sebbene tale obbligo gravi formalmente sul solo titolare, la strumentalità che caratterizza il ruolo del responsabile ed il fatto che egli debba offrire le  garanzie sufficienti per mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate, in modo tale che il trattamento soddisfi i requisiti del regolamento e garantisca la tutela dei diritti dell’interessato, implica che nel momento in cui offre un servizio al titolare (di qualsiasi tipo, anche attraverso, ad esempio, una applicazione):

  1. il responsabile, sin dalla fase di progettazione, metta in atto misure tecniche e organizzative adeguate, quali la pseudonimizzazione, volte ad attuare in modo efficace i principi di protezione dei dati, quali la minimizzazione, e a integrare nel trattamento le necessarie garanzie al fine di soddisfare i requisiti del Regolamento e tutelare i diritti degli interessati (privacy by design).
  2. metta in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire che siano trattati, per impostazione predefinita, solo i dati personali necessari per ogni specifica finalità del trattamento. Tale obbligo vale per la quantità dei dati personali raccolti, la portata del trattamento, il periodo di conservazione e l’accessibilità (privacy by default).

Ad esempio il responsabile dovrà garantire che non sia obbligatorio, dal punto di vista tecnico, compilare un campo il cui conferimento di dati è facoltativo, ma dovrà anche implementare sistemi di cancellazione automatica, di minimizzazione dei dati, di cancellazione automatica e selettiva dei dati personali contenuti in banche dati dopo un certo periodo di tempo, o di gestione dei diritti di accesso o autenticazione su richiesta degli interessati.

Cosa dovranno cominciare a fare i responsabili del trattamento per adeguarsi al Regolamento?

1. capire se occorre nominare un DPO

Il primo passo che suggerisce la  CNIL è comprendere se il responsabile deve nominare un data protection officer (responsabile per la protezione dei dati).

La nomina è obbligatoria in tre ipotesi principali:

  • il l trattamento è effettuato da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico;
  • l’attività principale, effettuata per conto del titolare, comporta il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala;
  • l’attività principale effettuata per conto del titolare consiste nel trattamento di dati sensibili (categorie particolari di dati personali) o giudiziari (dati relativi a condanne penali e a reati) su larga scala.

Le indicazioni per definire meglio il campo di obbligatorietà della designazione del DPO si traggono dalle Linee – guida sui responsabili della protezione dei dati (RPD o DPO) pubblicate dal Gruppo di Lavoro Articolo 29 che, al paragrafo 2.2, si dedica alla designazione del DPO da parte del responsabile, fornendo anche alcuni esempi.

La CNIL ricorda che è una buona prassi nominare il DPO, anche nei casi in cui tale designazione non sia obbligata dalla legge.

Chi scrive rammenta che le norme nazionali possono individuare altri casi in cui la nomina del data protection officer sia obbligatoria, e che, in ogni caso, tranne quando sia evidente che un soggetto non è tenuto a nominare un DPO, il WP29 raccomanda a titolari e responsabili di documentare le valutazioni compiute all’interno dell’azienda o dell’ente per stabilire se si applichi o meno l’obbligo di nomina di un DPO, così da poter dimostrare che l’analisi ha preso in esame correttamente i fattori pertinenti.

Tale analisi fa parte della documentazione da produrre in base al principio di responsabilizzazione (accountability).

2. Analizzare e rivedere i contratti

I contratti dovranno contenere (per iscritto):

  • l’oggetto e la durata della prestazione che il responsabile effettuerà per conto del titolare;
  • la natura e la finalità del trattamento;
  • il tipo di dati personali trattati per conto del titolare;
  • le categorie di interessati,
  • gli obblighi e i diritti del titolare del trattamento
  • gli obblighi e i diritti del responsabile del trattamento, come previsti dall’articolo 28 del Regolamento.

La CNIL fornisce anche alcuni esempi di clausole, essenzialmente ricalcate sull’articolo 28 del Regolamento, che possono essere inserite nei data processing agreement fino a quando non saranno adottate dalla Commissione Europea  le clausole standard, secondo quanto disposto dall’art. 28.7 del RGPD.

3. dotarsi di un registro dei trattamenti

Il responsabile del trattamento, quando previsto dal Regolamento,  deve tenere un registro dei trattamenti che effettua per conto del titolare.

Il registro, che deve essere tenuto per iscritto,  deve contenere:

  • il nome e i dati di contatto di ogni titolare del trattamento per conto del quale agisce il responsabile del trattamento;
  • il nome e i dati di contatto del responsabile stesso o dei responsabili del trattamento, se sono più di uno;
  • il nome e i dati di contatto del responsabile della protezione dei dati (data protection officer) se applicabile;
  • le categorie dei trattamenti effettuati per conto di ogni titolare del trattamento;
  • ove applicabile, i trasferimenti di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale, e la documentazione delle garanzie adeguate su cui si fondano;
  • ove possibile, una descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative di cui all’articolo 32, paragrafo 1 del Regolamento.

La CNIL evidenzia come se il responsabile svolge trattamenti per proprio conto, dovrà tenere un altro registro, relativo a quei trattamenti dei quali è titolare: in questi casi andranno tenuti non uno, ma due registri.

È il caso di ricordare che il tema del registro dei trattamenti è stato affrontato anche dal Garante privacy nella sua “Guida all’applicazione del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali”.  Il Garante ha ricordato che il registro deve avere forma scritta, ma che questa può essere anche elettronica, ed ha richiamato l’attenzione sulla sostanziale coincidenza fra i contenuti della notifica dei trattamenti di cui all’art. 38 del Codice privacy e quelli che devono costituire il registro dei trattamenti ex art. 30 Regolamento; ha anche dato atto che l’Autorità sta valutando di mettere a disposizione un modello di registro dei trattamenti sul proprio sito, che i singoli titolari potranno integrare nei modi opportuni.

Il Garante ha ricordato, altresì, l’opportunità di procedere, comunque, a una ricognizione dei trattamenti effettuati, catalogandoli sulla base degli elementi sopra elencati e ciò anche prima di predisporre il registro vero e proprio e a prescindere dai limiti dimensionali dell’impresa.

Obblighi del responsabile che nomini un sub-responsabile

Il responsabile del trattamento può designare un altro responsabile del trattamento previa autorizzazione scritta del titolare del trattamento.

l’autorizzazione può essere:

  • specifica, cioè accordata per un solo particolare sub-responsabile, oppure
  • generale, e in questo caso il responsabile del trattamento dovrà informare il titolare del trattamento di eventuali modifiche riguardanti l’aggiunta o la sostituzione di altri responsabili del trattamento, dando così al titolare del trattamento l’opportunità di opporsi a tali modifiche.

Al sub-responsabile, mediante un contratto, sono imposti gli stessi obblighi in materia di protezione dei dati contenuti nel contratto stipulato tra il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento.

E’ importante che il responsabile si avveda che qualora il sub-responsabile del trattamento ometta di adempiere ai propri obblighi in materia di protezione dei dati, sarà egli stesso a doverne rispondere al titolare: il responsabile iniziale, infatti, conserva nei confronti del titolare del trattamento la piena responsabilità per il corretto adempimento del sub-responsabile.

Ruolo del responsabile in una violazione dei dati

La violazione dei dati personali è una violazione di sicurezza che comporta accidentalmente o in modo illecito la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati.

Il responsabile del trattamento, venuto a conoscenza di una violazione, ne informa il titolare del trattamento senza ingiustificato ritardo.

Il titolare a quel punto potrà trovarsi a dover notificare la violazione all’Autorità, ai sensi dell’articolo 33 del RGPD, e, nei casi di cui all’articolo 34 RGPD, anche a comunicarla all’interessato.

A norma dell’articolo 28 RGPD il responsabile deve assistere il titolare nel garantire la conformità dei trattamenti alle norme che presiedono alla loro sicurezza, comprese quelle inerenti la violazione dei dati personali. Le linee guida in tema di violazione dei dati personali pubblicate in bozza dal Gruppo di lavoro articolo 29 (in fase di consultazione pubblica sino al 28 novembre 2017) hanno chiarito che il contratto tra titolare e responsabile può quindi prevedere anche la possibilità che il responsabile effettui notifiche e comunicazioni per conto del titolare.

Quindi nel caso in cui vi sia una pattuizione che preveda espressamente tale ipotesi nel contratto che lega titolare e responsabile, il responsabile potrà anche ricevere istruzioni in ordine alle modalità di effettuazione della notifica della violazione all’Autorità e alla comunicazione agli interessati.

Ruolo del responsabile nella valutazione di impatto

A dover effettuare la valutazione di impatto sulla protezione dei dati a norma dell’articolo 35 RGPD è il titolare, e la relativa responsabilità gli pende in capo e non può essere traslata sul responsabile.

L’unico obbligo che si configura in capo al responsabile riguarda  il fatto che quest’ultimo deve assistere il titolare nella conduzione della DPIA fornendo ogni informazione necessaria. Questa forma di assistenza dovrà essere prevista nel contratto con il titolare.

Il responsabile beneficia dello sportello unico?

Anche il responsabile stabilito in UE, in caso di trattamenti transfrontalieri, può beneficiare dello  “sportello unico” che gli consente di rapportarsi, per lo più, con una sola Autorità territoriale che viene denominata “capofila”.

Il criterio per l’individuazione dell’autorità capofila è quello dello stabilimento principale, che per il responsabile è il luogo in cui ha sede la sua amministrazione centrale nell’Unione o, se il responsabile del trattamento non ha un’amministrazione centrale nell’Unione, lo stabilimento in cui sono condotte le principali attività di trattamento.

Il responsabile che non è stabilito in UE è comunque soggetto al Regolamento?

Anche se non è stabilito in UE, il responsabile del trattamento è soggetto al Regolamento se:

  • tratti, per conto del titolare, dati di interessati che si trovano nell’Unione offrendo loro beni o servizi, anche gratuiti
  • monitori, per conto del titolare, il loro comportamento, nella misura in cui tale comportamento abbia luogo all’interno dell’Unione

In questi casi il responsabile deve nominare un rappresentante nell’unione che funga da interlocutore per le autorità di controllo e per gli interessati.

Che succede se il responsabile del trattamento viene meno ai suoi obblighi?

Chiunque subisca un danno materiale o immateriale causato da una violazione del RGPD ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento.

Quindi il responsabile potrebbe essere tenuto a rifondere i danni causati dal trattamento effettuato in violazione della normativa, ma non solo: il responsabile può anche essere destinatario di sanzioni amministrative che possono giungere, a seconda della gravità dell’infrazione commessa sino a 10 o 20 milioni di Euro o, per le imprese,  sino al 2% o al 4% del fatturato globale annuo.

Sanzioni che, a titolo esemplificativo, potrebbero applicarsi nei seguenti casi:

  • se il responsabile agisse travalicando le lecite istruzioni del titolare o contrariamente a tali istruzioni;
  • se il responsabile non aiutasse il titolare a rispettare i suoi obblighi (ad esempio per una notifica di una violazione di dati o per una valutazione di impatto);
  • se il responsabile non mettesse a disposizione del titolare le informazioni che gli consentirebbero di dimostrare il rispetto degli obblighi gravanti sul titolare stesso, o che gli permetterebbero di effettuare l’audit;
  • se il responsabile non informasse il titolare che una sua istruzione costituisce violazione del RGPD;
  • se designasse il sub-responsabile senza essere stato previamente autorizzato dal titolare;
  • se si rivolgesse a un sub-responsabile che non presentasse garanzie sufficienti;
  • se non designasse il DPO essendovi obbligato
  • se non tenesse il registro delle attività di trattamento svolte per conto del titolare

Conclusioni

La figura di responsabile che emerge dal Regolamento è piuttosto complessa, l’intreccio di obblighi e responsabilità necessita di un solido supporto contrattuale, che ne tessa la trama e ne riordini le fila, per consentire ai principali attori del trattamento un’immediata comprensione delle condotte che devono tenere per garantire gli interessati e garantirsi l’immunità dalle sanzioni.

La guida dell’Autorità garante francese che qui si è cercato di seguire quanto più possibile (ma della quale si consiglia la lettura diretta, essendo ben più semplice e sintetica del presente scritto) ha il pregio di schematizzare e semplificare una normativa a tratti frammentata, di lettura non sempre agile, e di darne una visione d’insieme ispirata a indubbia concretezza.

In calce alla guida sono riportate delle clausole esemplificative, che possono ispirare anche la contrattazione nostrana, nei limiti in cui l’infelice, recentissimo, intervento del legislatore non ce lo precluda (ma chi scrive ritiene che la norma, mancando la condizione che la renderebbe applicabile -perché gli schemi contrattuali cui si riferisce non esistono- sia destinata, almeno in parte qua, a non produrre alcun effetto).

Quelli forniti dalla CNIL sono meri esempi, non certo schemi tipo o clausole standard vincolanti, dai quali pertanto ci si può discostare, e che possono essere personalizzati secondo necessità, ma costituiscono un ottimo punto di partenza, riassumendo in un unico documento tutti gli aspetti che si dovranno tenere in considerazione nella redazione dei contratti tra titolare e responsabile in ordine ai trattamenti, compreso il mandato per la notifica per le violazioni di dati, che non emerge ictu oculi dal disposto dell’articolo 28 del Regolamento, ma che potrebbe essere utile nella pratica, soprattutto ove il responsabile abbia una dimensione molto maggiore e una struttura più efficace e organizzata di quella del titolare.

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Sanzioni amministrative GDPR

sanzioni amministrative pecuniarie, articolo 83 del regolamento europeo 679/2016

Sanzioni amministrative pecuniarie, ragguagli sull'articolo 83 del nuovo regolamento europeo privacy 679/2016

1. Ogni autorità di controllo provvede affinché le sanzioni amministrative pecuniarie inflitte ai sensi dell’Articolo 83 del Regolamento Europeo 679/2016 siano in ogni singolo caso effettive, proporzionate e dissuasive.

2. Le sanzioni amministrative pecuniarie sono inflitte, in funzione delle circostanze di ogni singolo caso, in aggiunta alle misure di cui all'articolo 58, paragrafo 2, lettere da a) a h) e j), o in luogo di tali misure. Al momento di decidere se infliggere una sanzione amministrativa pecuniaria e di fissare l'ammontare della stessa in ogni singolo caso si tiene debito conto dei seguenti elementi:

  • la natura, la gravità e la durata della violazione tenendo in considerazione la natura, l'oggetto o a finalità del trattamento in questione nonché il numero di interessati lesi dal danno e il livello del danno da essi subito;
  • il carattere doloso o colposo della violazione;
  • le misure adottate dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento per attenuare il danno subito dagli interessati;
  • il grado di responsabilità del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento tenendo conto delle misure tecniche e organizzative da essi messe in atto ai sensi degli articoli 25 e 32;
  • eventuali precedenti violazioni pertinenti commesse dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento;
  • il grado di cooperazione con l'autorità di controllo al fine di porre rimedio alla violazione e attenuarne i possibili effetti negativi;
  • le categorie di dati personali interessate dalla violazione;
  • la maniera in cui l'autorità di controllo ha preso conoscenza della violazione, in particolare se e in che misura il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento ha notificato la violazione;
  • qualora siano stati precedentemente disposti provvedimenti di cui all'articolo 58, paragrafo 2, nei confronti del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento in questione relativamente allo stesso oggetto, il rispetto di tali provvedimenti;
  • l'adesione ai codici di condotta approvati ai sensi dell'articolo 40 o ai meccanismi di certificazione approvati ai sensi dell'articolo 42; e
  • eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso, ad esempio i benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate, direttamente o indirettamente, quale conseguenza della violazione.

3. Se, in relazione allo stesso trattamento o a trattamenti collegati, un titolare del trattamento o un responsabile del trattamento viola, con dolo o colpa, varie disposizioni del presente regolamento, l'importo totale della sanzione amministrativa pecuniaria non supera l'importo specificato per la violazione più grave.

4. In conformità del paragrafo 2 dell'articolo 83, la violazione delle disposizioni seguenti è soggetta a sanzioni amministrative pecuniarie fino a 10 000 000 EUR, o per le imprese, fino al 2 % del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente, se superiore:

  • gli obblighi del titolare del trattamento e del responsabile del trattamento a norma degli articoli 8 (condizioni applicabili al consenso dei minori), 11, da 25 a 39, 42 e 43;
  • gli obblighi dell'organismo di certificazione a norma degli articoli 42 e 43;
  • gli obblighi dell'organismo di controllo a norma dell'articolo 41, paragrafo 4.

5. In conformità del paragrafo 2 dell'articolo 83, la violazione delle disposizioni seguenti è soggetta a sanzioni amministrative pecuniarie fino a 20 000 000 EUR, o per le imprese, fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente, se superiore:

  • i principi di base del trattamento, comprese le condizioni relative al consenso, a norma degli articoli 5 (Principi applicabili al trattamento di dati personali), 6 (Liceità del trattamento), 7 (Condizioni per il consenso ) e 9 (Trattamento di categorie particolari di dati personali) ;
  • i diritti degli interessati a norma degli articoli da 12 a 22;
  • i trasferimenti di dati personali a un destinatario in un paese terzo o un'organizzazione internazionale a norma degli articoli da 44 a 49;
  • qualsiasi obbligo ai sensi delle legislazioni degli Stati membri adottate a norma del capo IX;
  • l'inosservanza di un ordine, di una limitazione provvisoria o definitiva di trattamento o di un ordine di sospensione dei flussi di dati dell'autorità di controllo ai sensi dell'articolo 58, paragrafo 2, o il negato accesso in violazione dell'articolo 58, paragrafo 1.

6. In conformità del paragrafo 2 dell'art.83, l'inosservanza di un ordine da parte dell'autorità di controllo di cui all'articolo 58, paragrafo 2, è soggetta a sanzioni amministrative pecuniarie fino a 20 000 000 EUR, o per le imprese, fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente, se superiore.

7. Fatti salvi i poteri correttivi delle autorità di controllo a norma dell'articolo 58, paragrafo 2, ogni Stato membro può prevedere norme che dispongano se e in quale misura possono essere inflitte sanzioni amministrative pecuniarie ad autorità pubbliche e organismi pubblici istituiti in tale Stato membro.

8. L'esercizio da parte dell'autorità di controllo dei poteri attribuiti dal presente articolo è soggetto a garanzie procedurali adeguate in conformità del diritto dell'Unione e degli Stati membri, inclusi il ricorso giurisdizionale effettivo e il giusto processo.

9. Se l'ordinamento giuridico dello Stato membro non prevede sanzioni amministrative pecuniarie, il presente articolo può essere applicato in maniera tale che l'azione sanzionatoria sia avviata dall'autorità di controllo competente e la sanzione pecuniaria sia irrogata dalle competenti autorità giurisdizionali nazionali, garantendo nel contempo che i mezzi di ricorso siano effettivi e abbiano effetto equivalente alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalle autorità di controllo. In ogni caso, le sanzioni pecuniarie irrogate sono effettive, proporzionate e dissuasive. Tali Stati membri notificano alla Commissione le disposizioni di legge adottate a norma del presente paragrafo al più tardi entro 25 maggio 2018 e comunicano senza ritardo ogni successiva modifica.

KB4074588

KB4074588, Mouse e tastiera non funzionano più!.

Come risolvere il bug dell’update KB4074588

Microsoft ha recentemente rilasciato un update per Windows 10, codice KB4074588, che sta causando diversi preblemi agli utenti per non parlare dei system admin ed a tutto lo staff IT.

Al momento in cui si redige il presente articolo troviamo già tra i nostri clienti già 11 PC aggiornati che hanno il problema: qualsiasi periferica USB smette di funzionare, beh, cosa non da poco, infatti basti pensare che tastiera e mouse oggi sono esclusivamente USB ed è abbastanza difficile trovare adattatori ed anche trovandoli, ormai moltissimi PC e/o Laptop, ne sono privi.

Risultato: non si può più accedere alla macchina, almeno che non si riesca ad eseguire un punto di ripristino che riporti il sistema a prima dell'aggiornamento, che comunque non è procedura facile se non è possibile ne digitare al PC ne muove un mouse perchè non vengono più visti dal sistema. 

Non è chiaro cosa faccia scaturire il problema, ma l'aggiornamento KB4074588, nei sistemi affetti, compromette le porte USB impedendo a mouse e tastiera di funzionare.

L’utente viene lasciato senza la possibilità di interagire col proprio PC, in nessun modo.

Come risolvere questo gran casino?, questa è qualche soluzione:

Riprendere il controllo della macchina

Se il PC/server ha le porte PS/2, usatele per controllare la macchina. In caso contrario, una soluzione percorribile è l’accesso remoto con un remote desktop software come Supremo – se presente – o attraverso Remote Desktop (RDP).

Se persino questa strada non fosse disponibile, potete forzare la Safe Mode (mouse e tastiera funzionano in safe) causando diversi hard-shutdown del sistema. Sconsigliamo vivamente questo metodo in quanto è pericoloso e può compromettere definitivamente il sistema operativo.

Risolvere il problema

Eseguite il comando appwiz.cpl:

KB4074588 bug - appwizcpl command

Disinstallate l’aggiornamento KB4074588:

KB4074588 bug - uninstall update

Aprite le impostazioni di Windows e selezionate Update & Security:

KB4074588 bug - control panel

Cliccate su Advanced options:

KB4074588 bug - windows updates

Attivate Pause Updates:

KB4074588 bug - pause updates

Ora potete riavviare la macchina e riprendere ad utilizzare mouse e tastiera. L’opzione Pause Updates impedirà a Windows di aggiornarsi per qualche settimana, dando tempo a Microsoft di risolvere il problema.

Non esitate a contattarci per ulteriori ragguagli.

3CX il centralino Cloud

 
Centralino telefonico IP - 3CX Management Console3CX è una suite completa di funzionalità di telecomunicazioni unificiata (Unified Communication) che non necessità di downloads addizionali o acquisto di moduli aggiuntivi.
 
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Trunk garantisce una semplice attivazione e scalabilità. L’eliminazione di noiosi compiti gestionali fa risparmiare tempo all’Amministratore di sistema e la sua nuova console, moderna intuitiva e user-friendly, rende la configurazione facile e indolore.
 
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Tutto questo in combinazione con un webservera prova di bomba per consentirvi di dormire sonni tranquilli.
 
I softphones per Windows e Mac e le app per iOS e Android lavorano in abbinamento al Web Client per garantirvi una imbattibile connettività e mobilità. Gli utenti possono fare e ricevere chiamate, vedere lo stato di Presence dei colleghi, programmare videoconferenze, partecipare a web meetings, trasferire chiamate e molto altro dal palmo della loro mano. L’integrazione della tecnologia PUSH significa la garanzia di non perdere più nessuna chiamata e di risparmiare batteria.
 
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GDPR (Privacy, 679/2016)

http://nethive.it/wp-content/uploads/2017/11/regolamento-GDPR.pngGDPR, l'Italia, insieme al resto delle nazioni europee, dovrà prepararsi ad un nuovo cambiamento rilevante relativo al trattamento dei dati personali ed alla loro protezione. Questa volta è l'Unione Europea a dettare un nuovo approccio che farà registrare, senza distinzioni, un forte impatto su legislazioni, aziende, cittadini, authority di tutto il continente europeo.
Il nuovo regolamento europeo entrerà in vigore nel 2018 e coinvolgerà tutti coloro che producono, conservano o cancellano dati, promuovendo, addirittura, la creazione di nuove figure professionali specifiche.
Tutti abbiamo appreso del recente provvedimento del garante per la protezione dei dati personali relativo alla necessità di implementare una serie e informazioni e/o comunicazioni relativamente alla presenza di cookie all'interno di portali e siti web (argomento ben noto a tutti i web designer o web agency che si occupano di realizzazione si siti web). 
L’ultimo intervento dell’UE, assolutamente indispensabile nell’era digitale e del web, ha invece come obiettivo la previsione di una regolamentazione comune tra i vari Stati ai quali verrà concesso un periodo di almeno due anni per cercare di coordinare le normative esistenti con il nuovo assetto giuridico di riferimento.

Il Regolamento dell’Unione Europea sulla protezione dei dati (GDPR, 679/2016), è stato approvato nel dicembre 2016 e porterà significativi cambiamenti nel corso di 2/3 anni. Il testo presenta, infatti, alcune novità molto interessanti per il nostro quadro giuridico.

Nell'era di Internet occorreva una regolamentzione dei dati che circolano sui cloud, delle banche dati delle forze dell’ordine intercomunicanti tra loro e dei social network, nasce la GDPR, si era manifestata da tempo l’esigenza di prevedere una regolamentazione che fosse comune tra i vari Paesi, soprattutto, in caso di scambio di dati oltre le frontiere.

Al contempo, tuttavia, alcuni interpreti hanno messo in evidenza la forse eccessiva libertà che il Regolamento lascia agli Stati di integrare e dettagliare il quadro giuridico con il rischio di perdere l’attenzione verso l’uniformità sovranazionale.

L’attenzione del legislatore europeo ha reso necessario l'introduzione della nuova GDPR, rivolta ai privati, alle aziende e al settore pubblico, e mira a garantire un ambiente dei dati sicuro. Riassumendo, le novità che hanno più attirato gli operatori del settore sono le seguenti:

  • il diritto all’oblio;
  • la portabilità dei dati;
  • l'analisi del rischio e la valutazione dell’impatto sulla privacy;
  • l'informativa più dettagliata con maggiori tutele per l’interessato (nonché, obblighi per i controller);
  • la cosiddetta privacy by design;
  • la nascita del Data Protection Officer.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) mira sia a rafforzare il livello della loro protezione per le persone fisiche i cui dati personali sono oggetto di trattamento, sia a migliorare le opportunità per le imprese nel mercato unico digitale attraverso la riduzione di oneri amministrativi.

Il rafforzamento dei diritti di protezione offrirà, sicuramente, un maggiore controllo sui dati personali. Si avranno, infatti, norme più specifiche che consentiranno ai responsabili del trattamento di trattare i dati attraverso l'obbligo di consenso delle persone interessate ed una migliore informazione su quanto accade ai dati personali una volta condivisi. Inoltre, se un giovane di meno di 16 anni desidererà utilizzare servizi in linea, il prestatore dovrà verificare il consenso dei genitori.

Per quanto riguarda le imprese, il regolamento prevede un insieme unico di regole valido in tutta l'UE al fine di evitare situazioni in cui norme nazionali possano ostacolare lo scambio di dati transfrontaliero.
Si creeranno, in questo modo, condizioni di concorrenza leale e le imprese saranno incoraggiate a trarre beneficio dal mercato unico digitale.

Aumenteranno le responsabilità, inoltre, dei responsabili del trattamento dei dati. Le autorità pubbliche e le imprese dovranno designare un responsabile della protezione dei dati incaricato di garantire il rispetto delle norme. Il regolamento, inoltre, mira a proteggere i dati personali trattati ai fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, inclusa la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica.

Lo scorso 29 gennaio, durante il convegno organizzato da Europrivacy a Milano, si è discusso circa l'importanza del pianificare la GDPR per essere pronti entro i 24 mesi. Sei grandi campi come risk management, privacy by design, la nuova figura del DPO, data breach, servizi IT e profilazione contro anonimizzazione, si incrociano con le sfide organizzative, di budget, tecnologiche e legislative che si dovranno vincere per stare al passo.

Un punto particolaremente interessante è quello che impone, alle realtà che controllanti, obblighi sia di analisi del rischio e di previsione sull’impatto che certi tipi di trattamenti possono avere sulla privacy, sia di creazione di nuove figure professionali quali, ad esempio, il Data Protection Officer che si dovrà occupare di valutare la situazione della privacy e delle misure di sicurezza sia nel pubblico sia nel privato.

Notevole anche l’attenzione posta sulla privacy by design, ovvero, sulla valutazione del livello di privacy di un prodotto o di un servizio già al momento della sua creazione o attivazione così da radicare il principio di protezione dei dati personali nel prodotto o servizio stesso.
Le misure di privacy by design imposte dalla direttiva europea sono impegnative e chi non si adeguerà a tale regolamento e violerà il trattamento dei dati personali dei cittadini rischia multe parecchio "salate".

Dal 2018, dunque, i cittadini potranno affidarsi alle autorità nazionali per il cosiddetto 'data breache', ovvero, la notificazione delle violazioni. Quello che possiamo affermare sin d'ora è che tutte le novità apportate dal nuovo regolamento europeo avranno, senza alcun dubbio, effetti pratici su tutti i sistemi informatici dal momento che tutti i soggetti che trattano dati personali, piattaforme web comprese, dovranno occuparsi di minimizzare tali trattamenti garantendo, in modo prioritario ed in misura ancora maggiore di quanto fatto sinora, trasparenza, compatibilità e sicurezza

Qui alcuni link utili:

Gazzetta Ufficiale Legge L119

Regolamento EU GDPR 2016/679 Italiano

Il GDPR in Italiano 2016-679UE testo integrale - CyberLaws

Slide Powerpoint nuovo regolamento GDPR L119

Rilevazione presenze

App rilevazione presenze e sincronizzazione datiLibemax, rilevazione presenze in mobilità per tutte le attività svolte fuori sede

La soluzione per il controllo presenze del personale in trasferta, autisti, prestatori di servizi di pulizie, vigilanza, assistenza domiciliare, manutenzione verde, lavoratori in cantiere e dipendenti fuori sede.

Acquisizione delle timbrature e controllo accessi in modo intelligente

Sfrutta il GPS, NFC e Beacons per essere ancora più preciso. Timbratura con smartphone per sapere a che ora e in quale luogo è iniziata l’attività. La rilevazione delle presenze che diventa anche un controllo delle attività di commessa.

L’app Rilevazione presenze è la soluzione ideale per la rilevazione presenze da smartphone del personale che lavora fuori sede o in altre filiali. L’app consente di timbrare per la rilevazione presenze attraverso smartphone (Android o iPhone) che possono essere dotati di tecnologia di localizzazione GPS, NFC o Beacons per avere una maggior precisione. I vostri addetti potranno quindi timbrare con il cellulare in loro dotazione (smartphone Android o iPhone) in maniera semplice e veloce, senza bisogno di costose apparecchiature. In tempo reale è possibile conoscere orario e posizione geografica degli addetti all’atto della timbratura oltre che allegati quali fotografie e firme.

I dati di timbratura sono inviati automaticamente ed inviati in forma sicura sui nostri server dedicati, per essere immediatamente disponibili per la consultazione o l’esportazione in Excel da parte del responsabile delle risorse umane.

La nostra app è la soluzione ideale per la gestione delle risorse umane in cantiere, per le imprese di pulizie, per tutti i serivizi svolti da personale in trasferta, vigilanza, manutentori, assistenza domiciliare, manutenzione verde, montatori in cantiere, dipendenti fuori sede e autisti.

L’app oltre ad essere utile per la gestione del personale risulta vincente anche per il controllo del costo del lavoro per singola commessa.

Soluzioni per tutte le esigenze:

App rilevazione presenze e sincronizzazione datiApp rilevazione presenze un’app da installare su ogni smartphone dei dipendenti.
Per cooperative sociali, manutentori e imprese di pulizia. Ulteriori informazioni
 
Timbratrice mobile
Timbratrice mobile un’app per avere con sè una timbratrice sempre a portata di mano. Per capicantiere, capireparto se non vuoi acquistare una timbratrice e hai bisogno di massima mobilità. Ulteriori informazioni 
 
Timbratrice in ufficio
Timbratrice fissa un dispositivo professionale, sottile, sicuro e affidabile da installare sulla parete della tua sede e filiali. Ulteriori informazioni

 

 

Guida all’uso

L’app è struttarata in due parti:

  • da una parte l’app utilizzata dai dipendenti per poter timbrare (app rilevazione presenze, timbratrice mobile o timbratrice smart design)
  • dall’altra il pannello di controllo web (Libemax) dove queste informazioni confluiscono automaticamente e possono essere gestite in tempo reale.

Telecamera IP CUBE

Questa nuova telecamera di sicurezza intelligente di nuova generazione (o monitor per bambini) di Annke con la visualizzazione Wi-Fi Internet è una comoda soluzione di sorveglianza wireless che ti permette di tenere sempre d'occhio ciò che ti interessava sia nella stanza accanto che in strada. Una configurazione Wi-Fi a una sola volta consente di collegare la fotocamera alla rete e di iniziare la visualizzazione in pochi secondi. L'ultima rilevazione PIR funziona con il rilevamento del movimento, in modo da ridurre notevolmente l'allarme falso. Alimentato dal cavo Ethernet, questa fotocamera può essere il tuo compagno più affidabile sia nella sicurezza domestica che in quella aziendale.

 

    • 1080P Alta risoluzione video, registrazione e visione in tempo reale;
    • Un tocco Wi-Fi e configurazione WPS, reale plug and play;
    • Rimuovi due-modo audio con la costruzione-nel microfono e nell'altoparlante

Supporto del rilevamento PIR (infrarosso passivo), ridurre il falso allarme

  • Intrusione di supporto e rilevamento delle traverse, PoE (Power over Ethernet)

PoE—Power over Ethernet

La funzione PoE (Power over Ethernet) consente di accendere la telecamera tramite la porta Ethernet e di trasmettere contemporaneamente il segnale video. Quindi non è necessaria alcuna alimentazione aggiuntiva quando si collega la fotocamera a NVR.

Smart VCA (analisi del contenuto video)

Nel tentativo di risparmiare tempo per riprodurre il video, sono disponibili i rilevamenti di attraversamento della linea e il rilevamento delle intrusioni. Quindi è possibile collegare la telecamera ad un NVR che supporta VCA per la seconda volta la ricerca e l'analisi video.

Clear Two-way Audio

Tramite questa innovativa telecamere puoi parlare e ascoltare le tue iniziative di shinning mentre sei seduto in ufficio o in viaggio d'affari? Il microfono e l'altoparlante incorporati consentono di farlo sui dispositivi mobili da qualsiasi parte del mondo.

Accesso remoto P2P più semplice

La tecnologia P2P all'avanguardia apre la strada per un accesso remoto molto più facile ai dispositivi Android e IOS. La visualizzazione e la registrazione da smartphone, tablet o PC non sono mai così semplici e senza problemi.

 

Una volta attivata l'allarme se si tratta di rilevamento del movimento di rilevazione PIR o motion, un avviso di avviso immediato o un avviso di posta elettronica verrà inviato ai tuoi dispositivi mobili per informarti ASAP, misure così efficaci possono essere prese prima che sia troppo tardi.

Dotato di LED a matrice ad alte prestazioni di nuova generazione, la fotocamera genera una visione notturna in bianco e nero da 10m / 32ft e fornisce una protezione 24 ore su 24 per la tua casa e il tuo business.

Design notevole Dual Stream

Il flusso principale è applicato per la registrazione locale e il sottotensione è per la visualizzazione mobile remota, per cui non si verificherà mai alcuna interferenza tra di loro per rendere più visibile la visualizzazione in tempo reale e la registrazione senza soluzione di continuità.